Regia di Olivier Dahan vedi scheda film
Un anno nella vita della principessa che smentì la favola, o invece no. Perché forse per entrare nell’ultimo lavoro di Olivier Dahan, contestata apertura di Cannes 67, occorre abbandonare l’idea che sia un film su Grace. Più glaciale che bollente, anche quando l’obiettivo ce la offre spudoratamente melodrammatica, occhi negli occhi, la Kelly è l’Attrice alla sbarra del ruolo definitivo di Sua Altezza. Interpretata dalla Kidman, l’ex ragazza straniera consacrata alla divinità hollywoodiana, fagocitata e rimodellata sulla sua parabola in un gioco di specchi che parte dalla scenografia e va oltre. Grace è funzione, nell’opera che si ispira alla sua biografia e ne fa pretesto per diventare, a turno, qualcosa d’altro. Il principato sta per essere annesso alla Francia di un caricaturale De Gaulle, quindi il film si fa sfacciatamente, divertitamente spionistico; la consorte di Ranieri si rivela l’ultima speranza per Monaco, quindi è sottoposta all’addestramento da matura Pretty Princess e alla sfrontata, a suo modo geniale, didascalia espressiva - una sfilza di cartoncini, ognuno con un sentimento prestampato, la esorta ad assumere la maschera facciale corrispondente. Il principato insorge, perché il Ranieri di Tim Roth ne esce distaccato, tirannico e non particolarmente arguto; la sala sonnecchia perché le immagini vantano il glamour di una fiction. Noi setacciamo motivi d’interesse camminando «ai margini dell’inquadratura», proprio quelli da cui Hitch mette in guardia la sua musa. Il resto è canonica noia.
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