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Pain & Gain - Muscoli e denaro

Regia di Michael Bay vedi scheda film

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La recensione su Pain & Gain - Muscoli e denaro

di alan smithee
6 stelle

Trovarsi di fronte ad un prodotto di Michael Bay fa scattare in me istinti difensivi che mi mettono in guardia dalla possibilità di imbattermi in scempi altisonanti alla Armageddon o alla Pearl Harbour (per tacere della serie ormai infinita di Trasformers..). Poi a vedere bene questo Pain & Gain, che spreca molto del suo potenziale noir quasi tarantiniano in sciocchezze o lungaggini farraginose ed inutili, non è neppure questa vergogna, se considerato nell’ambito di uscite seriali estive in stile (se di stile si può parlare) Fast & Furious o Alex Cross: quelle che ormai ogni week end invadono le multisale che resitono (e quest'anno sono parecchie) alla calura estiva ormai dilagante.
L’epopea della follia di tre culturisti coinvolti nel rapimento a scopo di estorsione di un facoltoso cliente della palestra ove allena il balordo palestrato Daniel Lugo, una vicenda tratta peraltro da spunti di cronaca incredibilmente veri, costituisce una discesa negli inferi della violenza e della follia, alimentata dalla voglia di successo e dal desiderio di arricchirsi facilmente in nome di un’America-terra dei sogni e della realizzazione in cui solo più gli stolti ed ignoranti resistono a continuare a credere ciecamente e senza aprire gli occhi verso il mondo reale della dififcile quotidianità di tutti i giorni.
Il mito del corpo e del raggiungimento della perfezione fisica che non possono non associarsi alla realizzazione di tutti i desideri più materiali, portano i tre disperati ed ignoranti protagonisti in un mare di guai in cui uscirne diventerà pressoché impossibile.
Bay si conferma il caciarone di sempre e spreca molte delle intuizioni e concessioni al noir più fetido e putrido che una trama del genere regala al film, ma riesce tuttavia a non cancellare del tutto almeno due interessanti peculiarità in capo ai personaggi coinvolti: la mediocrità infingarda e vigliacca del protagonista Lugo consente ad un attore non particolarmente dotato come Wahlberg di sfoderare  sfumature recitative che diversamente rimanevano sepolte in una mimica facciale assimilabile a quella di una statua bronzea. Inoltre, e soprattutto, la figura della vittima, splendidamente (e perfidamente) resa dal bravissimo e spesso sottostimato Tony Shalhoub, trasforma il personaggio dell’indifeso e dell’ostaggio (generalmente in grado altrove di catturare simpatie e comprensione nel pubblico) in uno squallido figuro sin peggiore dei suoi stolidi ed imbranati rapitori; laddove lo stesso Ed Harris (nei panni di un abile detective stanco di lavorare) gli confessa che è difficile assecondare e comprendere umanamente il calvario di indiscutibili sofferenze a cui è stato sottoposto (riuscendo incredibilmente a sopravvivere) il rapito, senza al contrario non provare pure noi del pubblico il desiderio di finirlo definitivamente per sopprimere l'arroganza che lo tiene aggrappato alla vita in modo quasi osceno.
Shalhoub infatti disegna un personaggio sgradevole, arrivista, cinico ed approfittatore  che al confronto i tre energumeni un po’ fessi che lo hanno rapito appaiono come dei santi del paradiso a cui si può perdonare tutta l’escalation di violenza gratuita alla quale vanno incontro, peggiorando la loro già complicata situazione con la legge.
E dunque nonostante il film perda tempo (e ritmo) in giochini e situazioni o personaggi secondari non proprio fondamentali per il nesso centrale della vicenda, certo rimane impresso nell’animo di chi assiste al film quel senso di disagio, di inadeguatezza e di frustrazione che nasce e deborda in chi ritiene di poter completare la perfezione (artefatta e di facciata in quanto piena di pericolosi problemi collaterali) del proprio corpo con quella (altrettanto superficiale e foriera di pericoli in agguato a pelo d’acqua) di una esistenza materiale di agi e perfezioni, ma anche di vuoto mentale e pochezza di sentimenti.
 

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