Regia di John Lee Hancock vedi scheda film
Pur non amando il mondo disneyano, e detestando gli orridi paesi dei balocchi, molto kitsch, presenti in tutto il pianeta col nome di Disneyland, devo ammettere che questo film, prodotto da Disney e girato interamente nei suoi studi col supporto dell’Archivio lì conservato, è un buon film, ben realizzato e a tratti persino emozionante.
Mary Poppins era comparso sugli schermi nel 1964 diventando uno dei più famosi film di Walt Disney, il quale aveva cercato di accaparrarsi i diritti sul romanzo di Pamela Lyndon Travers, dopo aver visto che i suoi figli si appassionavano a leggere le avventure della celebre “tata” creata dalla scrittrice australiana.
Per vent’anni, circa, la Travers, che ora abitava a Londra, aveva resistito alle lusinghe e alle insistenze disneyane: cedette quando fu sopraffatta dalle esigenze economiche che non le permettevano di fare troppo la schizzinosa, ma mai le riuscì di superare la riluttanza per un mondo troppo superficiale e ottimisticamente americano, che sentiva lontano da sé e dalla sua cultura e per il quale provava un profondo disgusto.
La vicenda della nascita molto travagliata di Mary Poppins è ricostruita dal regista John Lee Hancock con grande accuratezza, in questo film, ed è stata resa possibile grazie alla pignoleria puntigliosa e bisbetica con la quale la scrittrice aveva seguito la sceneggiatura del romanzo e la musica (che i fratelli Sherman avevano da tempo predisposto a insaputa di lei).
La Travers aveva preteso infatti che ogni seduta di preparazione del film prevedesse la sua presenza e la sua approvazione, e che venisse registrata, per poter in seguito controllare se le variazioni rispetto al romanzo erano state tutte concordate. Eppure, appena arrivata a Los Angeles da Londra, tutto lo staff disneyano si era prodigato per accoglierla con gli onori che Disney stesso aveva organizzato senza risparmio, dall’accoglienza in albergo, all’autista personale, ai dolci (anche troppi) che mai sarebbero mancati sul tavolo di lavoro, agli sforzi per accontentarla in ogni momento e in ogni capriccio.
La classe (come la cultura), però, non è acqua e la matura Pamela, eternamente scontenta e bizzosa, non perdeva occasione per rimarcarlo e sottolinearlo, così come il furbissimo Walt non perdeva occasione per calmarla, ascoltando e accogliendo nei limiti del possibile ogni sua pretesa. Questo non impedì la rottura che, a film quasi concluso, fu voluta ostinatamente da lei.
Quando arrivò sui giornali la notizia del gran gala previsto per l’inaugurazione del film, la Travers scoprì di non essere stata invitata e volle, orgogliosamente, essere presente a proprie spese, vestita con eleganza e un po’ addolcita nello sguardo e nei modi.
La contrapposizione molto ben ricostruita ci ricorda che si era trattato dello scontro fra due mondi e di due diverse weltanschauung, oltre che dello scontro fra una matura signorina un po’ altezzosa e un cineasta un po’ troppo ricco: si erano fronteggiati in realtà il mondo europeo, colto e inquieto, pieno di ansie e problemi irrisolti, di cui la stessa miss Travers era l’esempio vivente, e il mondo solare e volontaristicamente ottimistico della California, ostentatamente ricco e pieno di una gioia di vivere che agli occhi di Pamela doveva apparire del tutto ingiustificata.
Saving Mister Banks, tuttavia, contiene molti altri motivi di grande interesse, il primo dei quali è l’evocazione di Mister Banks, il padre di Pamela, l’uomo che era stato capace di comprenderne la voglia di vivere nel mondo fantastico dei sogni e di incoraggiarla a scriverne, tenendola lontana dalle banalità e dalle angosce della vita quotidiana.
L’uomo, che era morto giovane, era stato, in realtà, un pessimo padre e un pessimo marito, malato, ma sempre ubriaco e fragile, pieno di figli e irresponsabile nei loro confronti, così come nei confronti della moglie: a Pamela era sempre stato molto difficile parlare di lui, oggetto del suo amore e anche delle sue delusioni. Il rapporto difficile col proprio passato si era trasformato, nel romanzo, nella volontà di idealizzare la figura paterna, ciò che l'”ingenuo” americano Walt Disney aveva capito ed era riuscito a spiegarle, inducendola a un comportamento meno severo con se stessa e col suo prossimo.
I flashback che costellano i film, e che riportano in vita quello scambio tenerissimo tra lei bambina bellissima e quel padre che ne incoraggiava i voli e gli slanci fantasiosi, nonché la scrittura, sono tra le pagine più belle del film, emozionanti e struggenti, perché raccontano insieme all’infanzia di Pamela, l’infanzia incantata di tutti i bambini, con delicato pudore e con immagini che la fotografia, ingiallita, leggermente sfocata e piena di fascino rende estremamente suggestive. Gli attori sono straordinari: Emma Thompson, indimenticabile Pamela Travers; Tom Hanks, eccezionale Walt Disney, Colin Farrell, perfetto Mister Banks e Paul Giamatti, straordinario autista personale della scrittrice. E’ un film da conoscere, secondo me.
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