Regia di John Lee Hancock vedi scheda film
Making of allargato e romanzato della creazione del film “Mary Poppins”, “Saving Mr. Banks” oltre ad essere un film della Disney è decisamente un film sulla Disney. Ma se è chiara e dichiarata la matrice metacinematografica, con la figura del padre dei cartoon caratterizzata più che agiograficamente (ed interpretata come al solito al meglio da Tom Hanks), più velata e sottile invece è quella metaonirica. Il film sfrutta la magia della sala oscura per mettere in immagini un sogno che è contemporaneamente quello dello spettatore (in sala) e quello degli spettatori dell’epoca (rappresentati come pendenti dalle labbra di Walt Disney, il quale fornisce loro quella materia di cui sono fatti i sogni, concretizzata nel parco a tema di Orlando, negli studi di produzione dai colori sfolgoranti, nella première cinematografica allestita come un main event).
Da non sottovalutare anche l’aspetto, molto originale, dell’interpretazione da un punto di vista atipico del consolidato e sempre controverso rapporto tra soggetto letterario ed interpretazione cinematografica, qui analizzato dall’interno (con l’autrice che non vuole che si violenti la sua creatura e il produttore di Hollywood che vuole spettacolarizzarne gli aspetti per lui salienti). Proprio su quest’ultimo concetto, in un finale intimo e minimal, si concretizza il quid del film e si giustifica il bizzarro titolo (che in italiano suona come “Salvare il signor Banks”).
Dietro un plot sostanzialmente insignificante (l’autrice letteraria di Mary Poppins P. L. Travers – Emma Thompson – viene invitata da Walt Disney a cedergli i diritti per farne un film) si dipanano più di una trama (la più suggestiva e principale delle quali esperisce il rapporto tra l’autrice, il suo romanzo e la sua infanzia), intrecciata in maniera decisamente positiva soprattutto per merito di un montaggio mai banale (numerosi e da accademia gli stacchi che fungono da sommario – ossia che testimoniano un cambio di unità temporale e, più raramente, spaziale).
In quella che è una smaccata operazione di celebrazione della Disney, è chiaro che non aver visto il film del 1964 con la Andrews, Tomlinson e Van Dyke è un handicap gravoso per lo spettatore. Cast completamente convincente, in cui ha poche pose, ma buone, anche un sempre positivo Paul Giamatti.
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