Regia di John Lee Hancock vedi scheda film
Una scrittrice inglese, nevrotica e misantropa, una strabiliante Emma Thompson nei panni di Mrs Pamela L. Travers, ha creato uno dei personaggi più affascinanti della letteratura per l'infanzia, Mary Poppins. Il re della fantasia Walt Disney, un'irriconoscibile (per doti mai espresse finora) Tom Hanks, vuole assolutamente farne un film ed insegue i diritti del romanzo per ben venti anni. Lo scontro è epocale: Inghilterra contro America, sentimento e profitto, eterno lutto e gioia di vivere. C'è un elemento in comune però fra tutto e tutti: l'infanzia, l'infanzia mitizzata e idealizzata con cui bisogna prima o poi fare i conti, la propria e l'altrui. Ne viene fuori un film affascinante e complesso, dove la fantasia e la realtà si intrecciano indissolubilmente nella cifra del dolore, un dolore che ognuno dei personaggi (ed ognuno degli spettatori) ha dentro e tenta di superare a proprio modo, rifugiandosi nel sogno o acuendo le proprie paure, indorando le guglie di un castello o versando the in un piccolo fossato di foglie e terra. Dietro la patina hollywoodiana di un film che critica la sua stessa palingenesi, un mondo sommerso di detti e non detti costruisce la psicologia (o la psicopatologia) di una selva di personaggi scavati magicamente a tutto tondo, grazie anche ad un cast che al di là della strassberghiana mimesi riesce ad enunciare e sviluppare il tema di fondo al di là delle parole e delle espressioni. Walt DIsney produce un film su Walt Disney e lascia spazio ad un piccolo capolavoro senza tempo che completa quel gioiello che ha segnato l'infanzia di tutti noi, quel "Mary Poppins" che fa da sottofondo alle nostre esistenze. Una sceneggiatura molto ben scritta, una regia classica ma robusta ed una fotografia un po' standard ma assolutamente adeguata fanno tutto il resto e lo spettatore ne risulta completamente assorbito, fino allo spettacolare finale. Stupenda la colonna sonora che richiama continuamente a quella originalissima di Mary Poppins.
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