Regia di Garry Marshall vedi scheda film
Che siamo ad Hollywood è ripetuto quanto basta, dall'inizio alla fine del film, e che Hollywood sia fabbrica di sogni non c'era bisogno di dirlo; il mito di Pigmalione disturbato da Mereghetti non c'entra niente; semmai è lui, il ricco, che cambia e diventa uomo; il ribaltamento potrebbe essere interessante, ma non è percepito né presentato come tale; è invece citata Cenerentola, giusto per fare la battuta volgaruccia che perde senso in italiano dove non si usa più chiamarla, come era, Culincenere; ma lei era figlia di nobili, decaduta a causa della matrigna. Di storie come questa se ne trovano di più a Holliwood che nelle fiabe; e alcune molto migliori di questa, che riesce a commuovere, almeno alla prima visione, grazie all'accattivante mimica della Roberts e a qualche facile tocco sentimentale. Ma troppi luoghi comuni e soprattutto troppo impassibile e insignificante la recitazione di Gere: per un pubblico che non osa più giocare con la Barbie, e fa male, perché la Barbie è più espressiva di Gere.
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