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Pretty Woman

Regia di Garry Marshall vedi scheda film

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La recensione su Pretty Woman

di steno79
7 stelle

Richard Gere

Pretty Woman (1990): Richard Gere

"Pretty woman" dopo 34 anni, un aggiornamento nella visione era necessario, si tratta di un cult movie e campione di incassi che ha avuto un'inevitabile influenza su tutte le commedie romantiche dei decenni successivi, ma anche un film molto dibattuto fra i critici e i cinefili, con molti fan e altrettanti detrattori. 

Qui da noi è diventato una sorta di rituale televisivo nei suoi numerosi passaggi sulla Rai che riscuotono sempre ottimi ascolti, è un film a cui tantissimi spettatori sono sinceramente affezionati, dunque merita una seria considerazione al di là dell'elenco di pregi e difetti che possono essere indicati in una recensione. La sceneggiatura di J.F. Lawton all'inizio era impostata come un film drammatico sul mondo della prostituzione, e la riscrittura in forma di Romantic comedy ha lasciato un sapore un po' incompiuto e stridente, perché nell'itinerario di Vivian da donnaccia di strada a sofisticata lady accompagnatrice del miliardario Edward si avverte un che di programmatico e anche vagamente moralistico, oltre ad essere fin troppo esplicitamente debitore del "Pigmalione" di Shaw e della riscrittura hollywoodiana di "My Fair lady". La regia di Garry Marshall è funzionale ma non aggiunge certamente chissà che cosa in termini visivi, limitandosi a un'orchestrazione tutto sommato sapiente delle gag comiche, vista anche la provenienza televisiva del regista che qui, in ogni caso, ha avuto un budget importante per l'epoca, con una direzione degli attori che finisce per essere l'elemento vincente dell'intera operazione.

Julia Roberts trovo' in Vivian uno di quei ruoli che segnano un'intera carriera, è spiritosa, sfacciata, energica e tenera nel momento in cui emergono i sentimenti, riesce a dare spessore a battute che altrimenti rischierebbero seriamente di cadere nel vuoto, si guadagno' una nomination all'Oscar a mio parere meritata. Richard Gere porta innanzitutto il dono del suo fascino maschile, all'epoca ancora irresistibile per le spettatrici, ha una presenza scenica magnetica, alla faccia di chi lo trova inespressivo, riesce a disegnare un arco di evoluzione del personaggio da cinico affarista senza scrupoli a miliardario più sensibile alle cause del prossimo in maniera convincente, in definitiva è altrettanto importante per il successo del film che la sua co-star, fra l'altro all'epoca una semisconosciuta. Fra i caratteristi si apprezza soprattutto Hector Elizondo come direttore di hotel, mentre Laura San Giacomo strappa qualche risata e poco più, il redivivo Ralph Bellamy è una citazione vivente della sophisticated comedy di cinquant'anni prima, Jason Alexander fa il cattivo e viscido avvocato di Edward portando a galla quella misoginia che spesso viene rimproverata al film, nonostante le sue cadenze di fiaba. 

Stringendo sul giudizio, una commedia spigliata, a tratti esilarante, ma col rischio costante di un irrealismo che finisce per situarla in un territorio puramente fittizio dove la risonanza di trama e personaggi non può risultare memorabile come qualcuno vorrebbe, nonostante il consolidato professionismo dimostrato un po' da tutti gli attori e le maestranze coinvolte. Dunque sì, un po' invecchiato. Voto 7/10

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