Regia di Joseph Gordon-Levitt vedi scheda film
Joseph Gordon-Levitt esordisce alla regia con una commedia, nella prima parte divertente, sfacciata e frizzante, sulla dipendenza dal porno e le connesse difficoltà relazionali. Purtroppo la seconda parte del film si appiattisce e annaspa girando a vuoto, e spreca il talento di Julianne Moore per un ruolo scritto male.
Don Jon è la prima, e dopo otto anni ancora unica, prova dietro alla macchina da presa di Joseph Gordon-Levitt , uno degli attori che più si è fatto notare nella Hollywood dell'ultimo quindicennio passando dal cinema indipendente al blockbuster d'autore, qui anche autore della sceneggiatura.
E bisogna ammettere che l'esordiente parte bene, costruendo almeno nella prima parte una commedia brillante e sfacciata, scanzonata ma schietta, sulla contemporanea ossessione per la ormai onnipresente pornografia online. Il nostro protagonista Don Jon, pur con la sua meritata fama di conquistatore da discoteca, manifesta una dipendenza compulsiva dalla pornografia, a cui fa da sgradevole contraltare una crescente incapacità di creare e gestire rapporti umani e sentimentali che richiedano un minimo di impegno ed altruismo. Anche quando conquista “un dieci” come Barbara (Scarlett Johannson), finisce per preferire la masturbazione davanti ad un video porno rispetto al sesso reale, che non riesce mai ad competere con gli standard ed aspettative irrealistici diffusi dai filmati a luci rosse.
Joseph Gordon-Levitt se la cava sempre bene come interprete, incarnando con verve la figura di questo tamarro palestrato, parecchio egocentrico ed un po' maschilista, ma alla fine simpatico pur con le sue smargiassate da sciupafemmine che nascondono più di una fragilità relazionale. Divertono le sue confessioni settimanali da bravo ragazzo cattolico, in cui si presenta puntualmente al confessionale per ricevere i canonici settimanali dieci pater noster e dieci ave maria per espiare i suoi peccatucci erotici ed onanistici.
Purtroppo come autore Gordon-Levitt non riesce a mantenere fino in fondo le buone premesse: la seconda parte del film si appiattisce e annaspa, privo di un'idea forte per narrare la risoluzione dell'impasse emotivo e l'evoluzione del protagonista. Chiaramente Gordon-Levitt non sa come tirare le fila, così invece di affrontare l'educazione sentimentale di Don Jon, gira un po' a vuoto e poi improvvisa una chiusa sbrigativa e prevedibile.
Altro limite è che il regista-protagonista, forse influenzato dall'egocentrismo del suo personaggio, accentra troppo l'attenzione su di sé, mentre i due personaggi femminili non sono altrettanto approfonditi. Quello di Scarlett Johannson rimane appiattito su una bellezza vacua ma senza spessore: Barbara è una splendida presenza che non fa nulla a parte seccare Jon, su cui la ragazza ha riposto aspettative esagerate. Ma la maggior pecca del “secondo tempo” è la mala scrittura del personaggio di Julianne Moore, che sulla carta appariva più sostanzioso ed interessante: Esther, una donna più matura e segnata dal lutto che si avvicina al giovane vanesio, superficiale e pornodipendente per educarlo ad un amore adulto in cui imparare a "perdersi nell'altro". Un personaggio che purtroppo delude, risolvendosi in uno spreco imperdonabile di un'interprete di questo livello per un ruolo che rimane in superficie come un abbozzo.
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