Regia di Justin Chadwick vedi scheda film
La biografia di un grande leader rivoluzionario. E la cronaca di una terribile verità storica. Questo film ci presenta il ritratto di un paese sconvolto dall’oppressione, dalle tensioni sociali, dalle violenze razziste. Ma, soprattutto, ci rivela la sofferta evoluzione che si nasconde dietro quella che, in tutto il mondo, viene celebrata come una leggendaria icona di pace. Il mito non è nato dal nulla, già avvolto nella sua solare perfezione, e quasi circondato da un’aura di santità. Nelson Mandela è stato un uomo determinato, ma non sempre integerrimo. Non è sempre stato un politico, e non ha sempre praticato la non violenza. Il sottotitolo Long Walk to Freedom allude ad una strada “lunga” in quanto difficile, scandita dai cambiamenti, dalle incertezze, da inversioni di marcia, da silenzi ed assenze. I ventisette anni di prigionia di Madiba sono una parentesi di sospensione per la lotta contro l’apartheid. Lui è rinchiuso, inizialmente in condizioni che gli impediscono ogni contatto con il mondo esterno, e durante quel periodo la sua presenza assume, nell’anima della sua gente, la veste virtuale di una speranza, di un’utopia che sembra lontana, eppure non vuole morire. Intanto, però, il racconto prosegue, seguendo la vita del protagonista dentro le mura del carcere, fra le ripetute umiliazioni e la sensazione di una guerra che, là fuori, è abbandonata a se stessa, privata della sua forza, dei suoi principi, forse anche delle sue ragioni morali. In fondo questa è la storia di una morte apparente, di un seme che è rimasto per anni a covare sotto la neve, e, una volta ritornato alla luce del sole, si è immediatamente trasformato in un frutto. L’amata moglie Winnie ha portato avanti la battaglia di Nelson, però in un modo in parte sbagliato, fino ad essere da lui sconfessata e respinta. Limpido è vincente è solo l’ultimo tratto del percorso, che lo vede inflessibile nel rifiuto di scendere a patti con il governo dei bianchi, e ferreo nell’imporre al suo popolo l’astensione dalla vendetta e l’uso degli strumenti democratici. A precedere la svolta finale, preparandone la solida sostanza etica ed umana, è un cammino di lacrime e grida, espressioni di un cuore afflitto dall’impotenza, e tuttavia tenace nel continuare a sognare. La saga stenta a maturare, inciampa e si interrompe, rifugiandosi in una desolata dimensione intimistica. L’orizzonte si spezza, e quindi si chiude, perché un immenso esercito è stato privato del suo comandante. La solitudine di questi è però energia che cova nell’attesa: e, nel frattempo, la sua trionfale deflagrazione è ripetutamente annunciata dalle manifestazioni, buone e cattive, felici o dolorose, di una coralità compatta e potente.
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