Regia di Ned Benson vedi scheda film
Da vedere in combinata con il segmento “Lui” che traccia una linea meravigliosa lasciando a questo secondo spezzone in chiave femminile due ardui compiti; mantenersi sul livello del primo e completare la visione d’insieme inserendo, ma anche sovrapponendo, dettagli e frangenti che nel primo si potevano al più intuire o immaginare.
Già “Lui” lasciava presagire che il punto di vista di “Lei” sarebbe stato ben più complicato in tutti i sensi, è comunque un passo indietro (o laterale), forse inevitabile.
Un evento drammatico cambia tutto nella vita di Conor (James McAvoy) e Eleanor (Jessica Chastain) con il primo che vuole comunque guardare avanti e la seconda che si sente smarrita.
Così Eleanor molla tutto e torna a casa dai suoi genitori (Isabelle Huppert e William Hurt), Conor la cerca per capire e ricomporre mentre il dibattimento interiore della donna si fa sempre più acceso.
La scomparsa di Eleanor e di un rapporto; se capire gli altri non è facile, quando si fatica a capire se stessi, ed un disegno superiore, la vita può pesare come un macigno che ti fa affondare e se sei fortunata(o) ti riprendono per i capelli e puoi avere una seconda occasione per pensare, lontano da ciò che hai amato per anni ma che ti porta a pensare a ciò che ti distrugge.
Un inizio di piombo che fa dimenticare in un battito di ciglia le agrodolci(ssime) sensazione che chiudevano “Him”, il testo si fa più drammatico ed arrivati a questo punto si va a comporre il puzzle con quanto già visto.
Si racchiude la complementarità in un’unica visione, i raccordi sono un piacevole esercizio di stile ed un ulteriore stimolo cognitivo, la morte e la vita, il brutto ed il bello in un minimo scarto temporale, un parallelo esistenziale che pone uomo e donna con le loro sensibilità su due posizioni che si fanno lontane e vicine, forze di attrazione e repulsione inestricabili.
Segmento molto più intimo e doloroso, squarciato da luci ed ombre, Jessica Chastain è ancora una volta un’attrice formidabile, intelligente, pragmatica, capace di fissare il vuoto e di farcelo sentire lì di fronte a noi, elevato pure l’apporto di Isabelle Huppert (“tale madre, tale figlia”).
Automaticamente “Her” è un’altra cosa rispetto ad “Him”, ma non per questo meno importante, semmai più povero della “meraviglia” stilistica, ma potente nello rievocare e far rivivere i punti di vista, penalizzato dal dover chiudere i conti e trattandosi di esperienze di vita così umane ecco che il miracolo sfuma sotto i nostri occhi, la sorpresa rimane tale, il finale è una possibilità che fa perfettamente coppia con “Him” in senso minimalistico.
Chiudendo, solo immaginare una visione assiemata (poi presentata per doveri commerciali in “Loro”) delle due componenti mi pare un autentico stupro, il senso primo ed ultimo della doppia opera viene meno, il tempo per coltivare i differenti sapori non c’è più, un po’ come ritrovarsi a pranzo mangiare un primo a base di pesce ed un secondo di carne quando l’esperienza risiede nella divisione ed in una successiva (ri)costruzione a distanza.
Vicini e lontani, ora e per sempre.
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