Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
La bella, l’isterica, il taccagno, l’idiota, il codardo. Personaggi orfani d’autore e di
stipendio si scoprono fratellastri e vanno in America a spargere le ceneri del padre, per poterne incassare l’eredità. Ambizioni di riflessione sul precariato, riferimenti sparsi alla crisi e una serie interminabile di sketch annacquati dal Bellini, nuovo sovrano del product placement («Lo vuoi un Bellini?», «Porto via il Bellini?», «Dai, beviamoci un Bellini»). «Welcome to Vanzina Lake» recita il cartello sui titoli di testa, anticipatore di una narrazione on the road stagnante proprio come un lago. La nuova escursione vanziniana negli States, dopo Vacanze in America e Sognando la California, è un calco sbiadito dei cliché di una vita tra casinò, puttan tour e giochi di parole («In Louisiana ci abitava Luisa, in Carolina la mucca») buoni forse per un pubblico da scuola media, conditi dalla consueta carica di maschilismo e dalla solita, triviale omofobia. «Hi guys», «Eh no, mica siamo gay». Appunto. Se la Foglietta mette d’accordo tutti a colpi di gambe e simpatia, gli altri ruminano per un’ora e mezzo gli stessi motivetti, prigionieri della monodimensionalità di personaggi asfittici. E alla decima volta che Vernia imita (male) De Niro, ci si chiede se sappia fare altro. La risposta è in uno sconfortante nudo integrale, di fronte al quale l’umorismo di Calà pare(va) quello di Walter Matthau. C.BA.
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