Regia di Massimo Venier vedi scheda film
Commedia piatta, che non va da nessuna parte. Di una piattezza cercata e ostentata. Un esempio: la potenziale sfumatura “nera”, legata alla possibilità di una morte tragica dei protagonisti, non solo non viene sfruttata ma pare essere respinta con convinzione. Il rischio era quello di innovare: mentre Venier, regista storico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, non vuole farlo, per evitare il rischio di fare flop. È il sintomo più evidente di come oggi in Italia si facciano (e soprattutto si vogliano fare) sempre le stesse commedie, senza la minima volontà di innovazione. Non è un paese per coraggiosi, verrebbe da dire. L’unico aggettivo associabile ad “Aspirante vedovo” è “deludente”. La storia non brilla per originalità: un marito (sostanzialmente) mantenuto e (certamente) frustrato – De Luigi -, vive con una donna rampante e potente – Littizzetto. I due mal si sopportano, per cui lo sgambetto (che somiglia più ad un fallo da espulsione) è dietro l’angolo. Chi vincerà in questa “Guerra dei Roses” combattuta nelle Langhe piemontesi??? Guardando il film di Massimo Venier ne vengono in mente tanti altri (il concept, e solo quello, de “Il delitto perfetto” di Hitchcock, il citato film di DeVito, ma soprattutto “Il vedovo” di Dino Risi (di cui vorrebbe esserne il remake, a partire dal canovaccio e dal nome dei personaggi principali). Gli sceneggiatori prendono un po’ qua e un po’ là, finendo per realizzare un polpettone (rigorosamente brasato al barolo), sintomo del fatto che la scusa del remake e dell’omaggio alla fine non porta quasi mai a qualcosa di “altro”, specie quando realizzato senza ispirazione. Inoltre, senza paragonare questo prodotto meramente commerciale allo splendido affresco sociale di Risi, quest’ultimo realizzò un film appunto dalla grande carica sociale, mentre il mediometraggio di Venier appare qualcosa di spurio rispetto al contesto d’appartenenza (e anche per questo ancor meno affascinante di quanto ci si attendesse). Lo stile complessivo ed i ritmi scanditi sono assolutamente incoerenti, al punto che pare assistere a due film ben distinti (pre e post architettura del delitto). La recitazione è accettabile, per quanto affidata ad attori di caratura televisiva (oltre ai due protagonisti, più visti in TV che sul grande schermo, c’è anche Ale di Ale e Franz, Bebo Storti, Ninni Bruschetta, Clizia Fornasier, Stefano Chiodaroli, perfino Bob Messini del vecchio “Trioreno”). Non un cattivo film, ma certamente nel novero delle commedie poco interessanti.
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