Regia di Massimo Venier vedi scheda film
Aspira, Fabio De Luigi nei panni «da agente immobiliare» (moglie dixit) dell’Alberto Nardi che fu Alberto Sordi, a far fuori la consorte miliardaria truce e tiranna, ma soprattutto sfacciatamente cosciente della sua nullità. Il soggetto è «liberamente ispirato» al film di Dino Risi del 1959, aggiornato all’industria che sfrutta manovali extracomunitari e all’imprenditoria che specula sulla crisi. L’incidente aereo si sostituisce al disastro ferroviario, ma lo humour nero e il meccanismo a orologeria non trovano surrogati lontanamente all’altezza. Il remake calca la mano sulla chiesa che assolve tutti i peccati del mondo nel nome dell’amicizia potente, ma non se la sporca mentre spolvera le assi di un sistema malato guardando da un’altra parte (il crimine - raffazzonatissimo - è questione di piccolezza d’animo & cervello, più che berlina di economia & società). Soffoca la commedia nell’ambizione alla “dark comedy” e diluisce il cinismo nel calderone dei luoghi (e dei personaggi) comuni. Il più irritante difetto di un prodotto altrimenti trascurabile è il dichiarato avvicinamento a un’opera che ha fatto (il) boom. Aspirante di nome e di fatto, il film di Massimo Venier arranca sulla scivolosa via della cattiveria percorsa a boriosi magistrali saltelli da Sordi e costeggiata maldestramente da De Luigi, che camminando si porta sempre dietro quella credibile inadeguatezza cucita su misura della sua maschera. Qui la più riuscita, forse perché gareggia con una Littizzetto piallata sotto il fardello di una durezza che non ammette scatti di (auto)ironia.
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