Regia di Luc Besson vedi scheda film
Mai vista una "commedia" con decine di morti, o almeno non rientra nel disciplinare della ricetta. Ma non trattasi nemmeno di tragedia, dato che anche se non si ride, spesso si sorride, e che le situazioni sono talmente inverosimili da non generare nemmeno fastidio. Forse si potrebbe usare il termine "farsa" in una accezione non contenuta nella Treccani, e cioè quella di tacito accordo tra due parti (regista e spettatore) per il quale si conviene di credere che ciò che viene rappresentato sia possibile. In realtà, la pellicola pone una questione morale. Il succo del discorso è vagamente riconducibile a "Il Giustiziere Della Notte" e alla pletora di suoi epigoni, con un fondamentale distinguo: là era un uomo buono che per "proteggere" (dal suo punto di vista) la società si trasformava in assassino, qui invece è una persona dal DNA violento che prende a pretesto affronti più o meno gravi per scatenare il proprio sadismo, come il protagonista confessa scrivendo le proprie memorie. E questo da un punto di vista sociale potrebbe essere ancora più pericoloso del classico film di Charles Bronson, e generare episodi di emulazione alimentati dall'atmosfera che si respira oggidì. La prova del cast è buona, con una menzione particolare per De Niro e soprattutto per la Pfeiffer, che è come al solito ineccepibile. Ma la cosa che fa più ridere, oltre all'auto-citazione di "Quei Bravi Ragazzi", dato che Martin Scorsese è produttore esecutivo di questo film di Besson, è il fatto che il terribile e spietato killer della mafia assomigli terribilmente al Lando Buzzanca de "Il Merlo Maschio".
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