Regia di Sergio Rubini vedi scheda film
Fin da piccolo Biagio Bianchetti (Lillo, qui orfano di Greg), bonario e pacioso, si è visto scavalcare dal "rivale" Ottone Di Valerio (Marcorè). Entrambi imprenditori di grosso calibro, i due si mettono in società per un affare milionario che però finisce male e induce Biagio al suicidio. Arrivato nell'aldilà non al cospetto di San Pietro, ma di Karl Marx (Messini), a Bagio viene data la possibilità di tornare sulla terra per qualche giorno e aggiustare le cose. Assunte le sembianze di Dennis Rufino (Solfrizzi), grande amico e mentore di Ottone, Biagio/Denis finisce per rafforzarne la posizione, salvo poi ingarbugliare talmente la matassa da mettere tutto a soqquadro.
Rubini ricicla se stesso imbastendo una commedia degli equivoci con larghi debiti verso Capra (La vita è meravigliosa) e Lubitsch (Il cielo può attendere). L'idea di qualcuno reincarnato in qualcun altro era stata già proposta ne L'anima gemella; quella dell'uomo che si re innamora della vita l'avevamo vista ne L'amore ritorna; la vendetta che ha come movente l'invidia è il tema dei suoi due film precedenti (Colpo d'occhio e L'uomo nero). Sulla carta, dunque, niente di originale, sebbene la confezione risulti comunque indovinata, soprattutto grazie alla performance da mattatore di un incontenibile Solfrizzi e a dialoghi che offrono più di un'occasione per ridere. Quanto alle pretese di stare incollati alla realtà con il propagarsi dei suicidi degli imprenditori è meglio stendere un velo pietoso.
Da segnalare uno sfondone linguistico: agli sceneggiatori Carla Cavalluzzi e Umberto Marino (che non lavorava con Rubini dai tempi de Il viaggio della sposa) è sfuggito che bondage è un termine di lingua inglese, non francese.
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