Regia di Scott Graham vedi scheda film
Per Shell, benzinaia 17enne delle Highlands, nella Scozia del Nord, la vita è scandita dai pasti preparati per il padre vedovo e il ritmo delle settimane è cadenzato dai metodici incontri al distributore con i clienti abituali. Cosa ci sia al di là delle colline che delimitano il suo sguardo Shell non lo sa, né si sente in grado di sperimentarlo, occupata com’è a badare al padre epilettico ed all’attività di famiglia.
L’opera prima di Scott Graham è forgiata ad immagine e somiglianza dei suoi protagonisti. Un’opera lenta e silenziosa, avida di sorrisi e ricca di interrogativi. La fotografia di Yolishwa Gartig inquadra con dovizia l’algida periferia del mondo (ebbene sì, anche il profondo Nord può esserlo), che fa da controparte alla freddezza indotta dagli eventi della bella e misteriosa protagonista.
Non è facile scrutare l’animo di Shell, che non ha modo di confrontarsi con altri modelli di vita (così cocciuta - o forse troppo impaurita - nel respingere ogni occasione di evasione). I vuoti ed i silenzi sconfinati sembrano turbare Shell; ma il più inquieto è certamente il padre della ragazza, che quotidianamente riempie i silenzi con la meditazione di chi continua a chiedersi se sia realmente un buon padre.
Perfino un cervo prova il salto nel vuoto, incamminandosi lungo la grigia striscia di terra che solca le colline della Scozia del Nord; Shell invece pare confermare ogni giorno di più la sua deleteria, forzata prigionia, per la paura di varcare quel leopardiano orizzonte così familiare, che la ragazza vede più rassicurante che soffocante.
“Shell” è un gioiellino da prendere ad esempio quando si parla di coerenza minimal. Premiato come migliore opera al Torino Film Festival, rappresenta un’ottima prova dietro la macchina da presa di Scott Graham, che attraverso l’indugio sui gesti abitudinari e la reiterazione di dettagli sempre uguali a se stessi, dà una lezione a molti colleghi, mostrando con arida veemenza cosa significhi una regia efficace e personale.
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