Regia di Arthur Lubin vedi scheda film
Un riccone cattura un gatto randagio particolarmente selvaggio e, con il tempo, lo addomestica. Quando l'uomo muore, dato lo scarso attaccamento dall'unica sua figlia agli affari di famiglia, lascia le sue sostanze proprio al gatto, nonché al suo tutore umano, inclusa una squadra di baseball. Saputa la notizia, i giocatori si ribellano al nuovo 'proprietario', salvo scoprire che il gatto porta loro una fortuna tremenda.
Orangey è il vero nome del micio protagonista di questa pellicola, Rhubarb quello attribuito al suo personaggio; comunque lo si voglia chiamare, diventerà molto presto una figura popolare a Hollywood, partecipando a una lunga lista di titoli. Non è un caso che a lanciarlo sul trampolino del grande schermo sia stato un regista del calibro di Arthur Lubin, che l'anno precedente (1950) girava Francis il mulo parlante, altro film dal clamoroso successo con un animale come protagonista. Rhubarb non è però umanizzato in alcun modo, anzi: è un gatto all'ennesima potenza ed è questa la forza principale della sceneggiatura firmata da Dorothy Davenport e Francis M. Cockrell, partendo da un racconto di H. Allen Smith. Una storia semplice, senza troppe implicazioni logiche e a scontatissimo lieto fine, nella quale la recitazione del felino protagonista è il reale valore aggiunto – e questo, va da sé, senza nulla togliere a interpreti umani del calibro di Ray Milland, Gene Lockhart, William Frawley, Jan Sterling, James Griffith ed Elsie Holmes. Nel complesso un lavoro ben confezionato, esplicitamente destinato alle famiglie, con un ritmo più che sufficiente, ma ovviamente anche una trama abbastanza strampalata e non troppo solida. 5,5/10.
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