Regia di Luc Marescot, Thierry Ragobert vedi scheda film
Una scimmietta cappuccino si ritrova sperduta in Amazzonia dopo la caduta dell’aereo che la trasportava. Cresciuta in cattività, scopre ben presto quanto possa essere insidiosa la natura, quanto anche tra i suoi simili (le altre scimmie) possano nascondersi “rivali”. L’istinto però la porta ad adattarsi in fretta, e alla fine a scegliere di restare nella foresta. Una scimmia “intelligente”: nessuna forzatura e nessun paradosso. Amazzonia, presentato in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia 2013 come film di chiusura, vuole essere una fiaba, con la sua bella morale, senza esseri umani se non quelli di “contorno” che introducono e chiudono la storia. I protagonisti sono animali e piante, pietre e corsi d’acqua. Anzi, la protagonista è proprio l’Amazzonia, raccontata attraverso gli occhietti impauriti ma anche stupefatti di una bestiola che guarda le cose come potrebbe fare un cucciolo d’uomo.
Thierry Ragobert, il regista, ha lavorato dodici anni con Cousteau, il suo approccio fa venire in mente il buon vecchio Riccardo Freda che preferiva riprendere i cavalli più che gli esseri umani. Numerose le sequenze mozzafiato (ad esempio il volo rapace dell’aquila amazzonica, oppure tutte le manfrine delle scimmie cappuccino sugli alberi) e data la sua mission eco-pedagogica si perdona al film qualche eccesso di computer grafica, specie nei movimenti dell’animale protagonista.
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