Regia di Woody Allen vedi scheda film
Ogni regista che si rispetti e che è degno di essere definito tale, finisce per avere uno stile in cui poi ognuno tende ad identificarlo. Quello stile lo accompagnerà sempre, ed è presente fin dagli albori. In quella che è la prima pellicola realmente diretta da Woody Allen, prima c’era stato solo il riuscito tentativo di rimescolare un film giapponese, quello che poi sarà “il suo stile” è già chiaramente definito.
E’ già presente il personaggio-modello che sarà il protagonista centrale di ogni sua pellicola. Caratterizzato da una vita piena di avversità che riuscirà a superare solo con la caparbietà di uno stupido, in senso buono, ovviamente. Nonostante la sua debolezza caratteriale, Virgil riesce a creare un feeling con lo spettatore che non lo deride ma finisce per diventare complice delle sue sfortunate vicissitudini.
La fotografia è semplice ma efficace. Dopotutto non serve l’utilizzo di elementi scenici quando hai dalla tua una sceneggiatura solida e un soggetto capace di catalizzare l’attenzione, tanto da non soffrire nemmeno la mancanza di una colonna sonora imponente, nonostante il tema musicale sia stato curato da Marvin Hamlisch, uno dei compositori più importanti nel cinema, e non solo, degli anni settanta e oltre.
Nonostante sia chiaro che siamo di fronte ad un film comico, non è assurdo avere l’impressione, in certi attimi, di star assistendo ad un dramma. Considerando poi che l’intento di Allen era di chiudere la pellicola con un evento drammatico definitivo, che però fu deviato dal suo consulente al finale “leggero”, ci rendiamo conto che quella sorta di filo drammatico che lega il tutto non è solo una sensazione ma una caratteristica concreta e che non solo non riduce la simpatia della pellicola ma riesce anche a renderla, se possibile, addirittura più stabile.
Un film piacevole che si sviluppa in crescendo; capace di intrattenere senza perdere l’occasione di lanciare spunti riflessivi. Un’altra delle caratteristiche tipiche delle opere di Allen, da sempre.
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