Regia di Artavazd Peleshian vedi scheda film
Sicuramente non si può definirlo un documentario in senso tradizionale. Sembra un tentativo da parte del regista di catturare l'anima del suo popolo, l'essenza della vita della gente comune, impastata di gioia e di dolore. Sono state montate immagini delle più varie ed eterogenee provenienti dalla vita quotidiana in Armenia, unite ad un accompagnamento musicale di musica strumentale e corale (forse anche sacra, almeno così sembra). Il montaggio è molto spezzettato, e le inquadrature a volte inquadrano particolari che non è facile subito indentificare. Il regista privilegia momenti della vita del popolo dove sono presenti molte persone: vita contadina, lavoro in città, persone sul tram, funerali (con allusioni all'immortalità dell'anima). Una sequenza che mi è piaciuta particolarmente è quella che ritrae quelli che forse sono uomini scarcerati, oppure detenuti o confinati politici che ritornano dopo molto tempo alle loro famiglie: esplosione incontenibile di gioia, abbracci frenetici, calca di popolo attorno a loro, incredulità per la fine di un incubo. Nonostante il montaggio spezzettato e le inquadrature non essenziali, è indiscutibile che Plesjan riesca a dare a queste immagini una forza e un lirismo inesprimibili a parole. E' un'opera non facile da interpretare, che forse non va interpretata, ma che finisce per essere suggestiva e potente. Probabilmente si tratta solo di porsi in visione e in ascolto, e ricevere le sensazioni interiori che essa comunica.
PS Sarebbe molto opportuna la traduzione della didascalia iniziale. Chi ha tradotto il titolo, non poteva tradurre anche quella?
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