Regia di Lee Daniels vedi scheda film
80 anni di storia americana passano sotto lo sguardo mite del maggiordomo Cecil Gaines: cresciuto come “house negro”, per servire l’uomo bianco senza nemmeno far percepire la sua presenza nella stanza, diventa il più stimato inserviente della Casa Bianca. Jackie Kennedy gli regala una cravatta del defunto John, Nancy Reagan lo invita a cena, il figlio maggiore, invece, lo disprezza: attivista dei diritti civili, poi membro delle Black Panther, vede il padre come un servitore succube dei bianchi. L’opera terza del sopravvalutato Lee Daniels ha strappato le lacrime del presidente Obama e di mezza America: una sorta di Forrest Gump “all black” (con scelte di casting a tratti imbarazzanti: se Gooding Jr. e Whitaker sono ottimi, viene da chiedersi se Daniels dovesse per forza riutilizzare, dopo Precious, gli spaesatissimi Mariah Carey e Lenny Kravitz), dove il protagonista non è affetto da ritardo mentale ma da incorreggibile ingenuità e incancellabile fiducia verso il governo statunitense. E come dargli torto, quando i presidenti si susseguono sotto i suoi e i nostri occhi in una serie di buffe caricature (quasi nessuno si salva, fra le star impegnate in una gara per imitatori di lusso) che sottolineano sempre e solo il lato umano e accorato dei capi di stato (tranne nel caso del villain Nixon). Vorrebbe essere un commovente affresco delle lotte sanguinose affrontate dal popolo afroamericano, ma in controluce si vede solo un inno alle magnifiche sorti e progressive dei gloriosi States.
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