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Jack Ryan: L'iniziazione

Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film

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La recensione su Jack Ryan: L'iniziazione

di alan smithee
6 stelle

Quinto appuntamento col personaggio da spy story creato dalla fantasia (contorta e spesso un po' troppo complottistica) di Ton Clancy, che trova tuttavia nel mondo moltissimi seguaci ed affezionati. Nuova opportunità per mettere alla prova un personaggio che il cinema si ostina a non voler abbandonare, ma che tuttavia non trova in questa sede la fortuna o l'appeal di colleghi insuperati, ironici e forse un po' piu' umanamente scanzonati (per quanto pur sempre improbabili) come l'insuperabile James Bond. E dopo Alec Baldwin, magari non indimenticabile ma impegnato nel film a mio giudizio migliore della serie (Caccia ad Ottobre rosso), dopo il dittico onesto ma non esaltante di Harrison Ford a cura dello specialista Phillips Noyce, dopo quel pezzo di marmo  di Ben Affleck  (a cui consigliamo vivamente di dedicarsi con dedizione alla carriera da regista, foriera di più concrete soddisfazioni rispetto a quelle da interprete) nel film più deludente della serie, ecco tornare il personaggio in una versione "giovanile" che riparte daccapo e riprende dagli albori il personaggio. Da studente impegnato in un corso in Europa assiste attonito, come tutto il mondo, al crollo delle torri gemelle e matura la predisposizione a mettersi al servizio della propria nazione: prima come marine, dove viene ferito gravemente in un incidente aereo che quasi lo paralizza, e che gli permette tuttavia di incontrare la donna della sua vita, un giovane avvenente medico che lo aiuterà a riabilitarsi (in molte accezioni). Sarà solo l'inizio di una carriera che lo vedrà impegnato come analista della Cia, ma non per questo occupato nelle retrovie o negli uffici,  perché l'azione ed il rischio caratterizzeranno già dagli albori della carriera, la propria routine lavorativa. Con un Kenneth Branagh impegnato nel ruolo del cattivo (un potente russo che specula sul crollo della borsa newyorkese progettando un secondo micidiale attentato di risonanza pari a quello dell'11 settembre), ma soprattutto occupato a dirigere, con la solita solida professionalità - invero un po' sprecata, se si ripensa alla sua complessa e variegata filmografia dagli albori, sempre divisa tra arditi ma lodevoli adattamenti shakespeariani e piccoli gioielli intimi d'autore - il film appare dinamico, concitato, ma pure un po' scontato e qualunque. Positiva la resa del personaggio fornita da un ammaccato ed umanissimo Chris Pine, volto simpatico ed accattivante da ragazzino monello ma in fondo corretto. Kevin Costner appare in gran forma nonostante non sia più un ragazzetto, e pur se impegnato in un personaggio stereotipato che non lascia spazio ad approfondimenti umani o personali, mentre Keira Knightley continua a non piacermi (non che sia brutta, per carità!),  forse perché sempre impegnata con quelle sue smorfiette ridicole, quel mento spiovente che ne limita severamente l'espressivita' ad un paio di inflessioni ormai standard. Uscito in questi giorni in Francia, il film appare come un innocuo film d'azione medio che si lascia guardare senza troppi sussulti o impeti emozionali. E, tornando a Branagh, possiamo dire che ci convince qui più come cattivo (tormentato, affascinante, viscido e tenebroso con figlio plagiato al male e spedito a fare da infiltrato tra gli ortodossi nella sperduta provincia americana) che come regista, funzionale ma nulla più.

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