Regia di Philippe Claudel vedi scheda film
Nella vita di Paul - neurochirurgo maturo, padre di un figlio rampante, marito «da un’eternità» di una donna bella e affettuosa, nonno part time - irrompono rose rosse. Sono anonime e sono ovunque: nel suo ufficio, al cancello della sua grande casa, sulla sua auto. Per mancanza di indizi, Paul attribuisce l’assedio floreale a una giovane barista che dice di essere stata operata da lui quand’era bimba, e che da qualche giorno incontra troppo spesso sulla sua strada. Ma mentre sospetta un raggiro, un’ossessione, un rischio, Paul (un attonito, grande Daniel Auteuil) sente il sangue riaffluire alle estremità intorpidite della sua esistenza: questa ragazza forse matta, forse pericolosa, che lui non sfiora neanche con un dito, è un elisir capace di riportarlo a un altro sé, a un tempo in cui la vita non gli aveva ancora imposto di scegliere. Quello che si apre, scopertamente, come un thriller, e come tale monta una glaciale tensione, racchiude così un intimo dramma identitario, la tragedia borghese di un uomo che da troppi anni non si chiede chi è, né cosa vuole. Philippe Claudel, romanziere alla sua terza regia, danza sul confine fra dramma e giallo, ambienta il film dentro la mente di Paul - un uomo che, per lavoro, apre le teste e le aggiusta, ma per sua stessa ammissione non sa cosa ci sia dentro - e trasforma le sue emozioni in colpi di scena. Costringendo lo spettatore ad abbracciare l’ipotesi che quei sentimenti siano più importanti della verità.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta