Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Padronissimo di incantare i gonzi con intellettualismo e pseudocultura di seconda mano, padronissimo di spacciare per donne affascinanti le sue anoressiche protagoniste, ma Bach doveva proprio lasciarlo stare.
Benvenuto nel club dei sopravvalutati sig. Lars, da noi ben rappresentati da Bertolucci e Moretti. Il film trasuda di intellettualismo trito e ritrito, non c'era proprio necessità di un'ulteriore sproloquio sul sesso infarcito di una cultura generale approssimativa e mal digerita. Balordo l'espediente narrativo del rassicurante attempato - maglione, spettinatura e tazze di tè - che ascolta con comprensione e buonismo i noiosi racconti della non certo graziosa Charlotte insaccata nel pigiama da uomo da lui paternamente fornito dopo averla rifocillata; ma peggio ancora i flash-back dalla carica soporifera potentissima, a meno che non si trovi affascinante l'indisponente anoressica Stacy Martin. Unico tentativo di cinema le sequenze della morte del padre e lo sproloquio della donna tradita: ma non bastano a risollevare il penoso risultato. Avrei fatto a meno di questa recensione ben sapendo di rischiare gli insulti dei gonzi; ma non ne ho potuto fare a meno perchè a un certo punto è comparso Bach: questo proprio no, il grande di Weimar - anche se non era quello stinco di santo che tutti credono - non poteva fare da commento alle ossa di Martin e ai falli - veri o protesici - dei suoi montatori. Concludo con un'amara considerazione su Stellan Sargsard: come ha potuto, lui che aveva dato vita a uno straordinario Furtwangler, farsi coinvolgere in tale maialata?
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