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Nymphomaniac

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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La recensione su Nymphomaniac

di barabbovich
7 stelle

Una donna (Gainsbourg) pesta viene trovata riversa sulla strada da un uomo (Skarsgård) che le offre cure e ascolto nella propria casa. La donna comincia così un lunghissimo racconto col quale ricorda la sua precocissima ninfomania, la promiscuità totale, i rapporti a orario, le famiglie sfasciate, il rifiuto o l'accettazione dei possibili amanti decisa a caso.
Dopo Antichrist e Melancholia, Von Trier conclude la sua trilogia della depressione insistendo sul tema dell'erotismo con un film fluviale articolato - nel primo volume - in 5 capitoli e diviso in due parti (alla maniera di Kill Bill): nove ore di durata, ridotte a 4 per la destinazione in sala. L'aspetto più interessante del film risiede nella dimensione filosofica dei dialoghi: in un continuo parallelismo tra i segreti della pesca e la ninfomania, eros e thanatos vanno a braccetto mentre la psicanalisi si accompagna con la numerologia di Fibonacci, il colore al bianco e nero e la musica heavy metal a Mozart e Shostakovich. Il lungo racconto in flashback, al di là della curiosità suscitata dal materiale pruriginoso, alla lunga suona un po' monotono e ripetitivo, nonostante il supporto di un linguaggio filmico sempre originale e spesso imprevedibile.

 

 

***

 

 

Chissà cosa ci avrebbe mostrato Lars Von Trier se nelle sale cinematografiche fosse arrivata la versione originale di Nymphomaniac, ridotta a due episodi di due ore ciascuno dalle 9 ore originali. Già, perché nella seconda parte di questo dittico il regista danese alza la posta. Il racconto della donna (Gainsbourg) soccorsa da un erudito (Skarsgård) che vive la sua ascesi tra i libri si rimpingua di nuovi capitoli nei quali la ricerca forsennata del piacere si fa sempre più estrema, fino a spostarne i limiti sulla soglia dell'anorgasmia, della tortura fisica, delle lacerazioni clitoridee. Ancora più filosofico dell'episodio precedente, con momenti di scrittura altissima che spaziano tra teologia, letteratura e aneddotica da superbo storytelling in un continuo andirivieni tra alto e basso che dalla pittura di Andrej Rublev arriva fino alle pistole di James Bond, il secondo capitolo di questo coraggiosissimo dittico trova una complessa chiave di lettura sulla potenza dirompente della sessualità, analizzando in filigrana le differenze di genere, la repressione della sessualità come espressione del perbenismo borghese, la dialettica tra eros e thanatos, senza mai debordare nella pornografia. Molto "scritto", con meno elementi meta narrativi rispetto a Nymphomaniac volume I e con dialoghi da applausi, al film va anche riconosciuta la potenza drammaturgica, con scene madri dirompenti come quella del gruppo di auto aiuto di donne sessodipendenti, come la digressione sul nodo di Prusik, come il tentativo di tenere a bada gli impulsi sessuali incerottando anche i rubinetti per via della loro forma inevitabilmente fallica, o come il finale che non ti aspetti e che ribadisce il concetto di imprevedibilità dell'eros in un quadro di torbido nichilismo.

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