Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Provocatorio, eccessivo, disturbante, patologico. A modo suo però, come sempre in Lars Von Trier, interessante, ricercato e ricco di spunti. Il linguaggio cinematografico del regista danese è sempre di alto livello. I suoi interpreti hanno l'arduo incarico di portare sullo schermo personaggi e situazioni scomode, anticonformiste ed estreme. Astenersi animi sensibili dalla visione delle (dis)avventure di Joe (fantastica la scelta del brano sui titoli di coda: udire per credere), raccontate ad episodi nella cornice del confronto con il suo contraltare Seligman. Istinto irrefrenabile, azione, espressione del sè e dipendenza da una parte; razionalità, autocontrollo, filantropia (apparenti), dedizione allo studio, dall'altra. Il film procede per capitoli narrativi che raccontano la vita della protagonista, ma anche per arditi accostamenti tra il sesso e altri universi esistenziali (come la matematica o la religione o il mondo animale) toccati con slancio metaforico, oltremodo sfacciato, citazionistico, assolutamente di stampo intellettuale. Credenti, benpensanti e borghesi sistematicamente abbattuti, al solito. Assenza totale di eros e secchiate di rassegnata tristezza. Il giudizio finale si confronta prima di tutto con il proprio modo di intendere il cinema e si spacca dunque fra l'appagamento del gusto personale nella visione di una pellicola che coinvolga e susciti sane emozioni, e le sadiche libere scudisciate inferte con scientifico metodo analitico allo spettatore, anche il più scafato. Valgono dunque tanto le cinque stellette quanto una sola, poiché Von Trier è sì coraggioso e figo, ma spesso la fa fuori dal vaso; anzi, in questo caso addosso al pubblico. Cedo dunque la poltrona a chi vuol essere suo solidale complice.
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