Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Essere al posto giusto al momento giusto: Francia a capodanno. Irrinunciabile la possibilità di iniziare il 2014 alla grande. E dato che non s’è ancora capito quando Lapo intende distribuire l’ultimo Von Trier, ecco un piccola recensione per ingannare l’attesa.
Ovviamente mi esimerò dall’inserire qualsivoglia spoiler. E come si potrebbe d’altronde? Il titolo parla chiaro su ciò che andremo a vedere. Poche infatti sono le sorprese a livello narrativo, per lo più riservate all’ultima inquadratura di questo primo volume, con cui il regista ci ricorda la sua abilità seriale (“The Kingdom”) con uno dei cliffhanger più inaspettati ed efficaci che si ricordino.
Lars approfitta di tutto il carteggio giornalistico degli ultimi mesi concernente la versione ridotta del suo “Nymphomaniac” e la gestisce in maniera provocatoria presentando un cartello in apertura al film in cui si avverte per l’appunto che la presente è una versione censurata che (se ho tradotto bene il francese) ha ottenuto l’approvazione del regista. Come dire: ricordatevi che esiste un altro film, più lungo, che vorrete vedere e che verrà distribuito in seguito, sempre suddiviso in due volumi. Mica male come trovata commerciale.
E Lars riesce nel suo intento. Perché con questa frase marchiata a fuoco nel cervello, la visione risulterà necessariamente incompleta. Ci si domanderà se e quando il montaggio è stato evirato, ridotto, stuprato, mentre a volte risulterà palese (soprattutto nelle ultime scene) da certi tagli non proprio da maestro. Difficile credere tuttavia che siano state eliminate intere sequenze. Più probabile che siano state semplicemente tolte le inquadrature più “scabrose” (come definite da certa critica) al punto tale che viene da chiedersi se veramente siano finalizzate a un intento artistico oppure al solo piacere scopico. Ciò che conta, per questa prima concessasi versione, è che la curiosità permanga.
Metto in dubbio la necessità di una versione non censurata perché il film sembra andare a parare più su altri aspetti, decisamente più artistici, alti, nobili ed estatici di quelli “scandalosi” su cui il marketing s’impunta in maniera fuorviante. Se infatti “Melancholia” turbava, “Nymphomaniac” sublima. C’è il rischio che l’inquadrare insistentemente le parte intime dei personaggi non solo non contribuisca in alcun modo a raggiungere lo scopo, ma addirittura distragga lo spettatore dalla vera meta. Allo stesso tempo però sposo la tesi di Lars per cui l’evitare di “mostrare” per fini pudici sia una scelta bigotta. Ed ecco dunque che il risultato più auspicabile sia una via di mezzo tra la versione censurata (sia chiaro, qualcosa si vede. Rimane pur sempre un film vietato ai minori) e la versione esageratamente pornografica che la campagna promozionale promette. Staremo a vedere.
Se si andasse ora ad analizzare minuziosamente i cinque capitoli del primo volume (che presentano tutti degli episodi della Joe da giovane), non ci toglieremmo più le gambe. Ogni capitolo infatti ha la sua cifra stilistica, il suo ritmo, la sua fotografia, il suo montaggio, la sua colonna sonora… in un continuo sperimentare registico che reinventa se stesso ad ogni svolta. Talvolta con il più raffinato e onirico impressionismo del cinema classico, altre volte con il più crudo e concreto espressionismo del Dogma 95. Il tutto tenuto saldamente unito dalla conversazione a letto tra l’autocommiserazione della Gainsbourg e la pragmaticità di Skarsgård.
Infatti, alla fine dei conti, questo risulta essere l’aspetto più affascinante dell’intera operazione: la dialettica tra Caos e Ordine, argomentati da una parte da una ragazza in balia da tutta la vita delle proprie incomprese esigenze sessuali, e dall’altra dal suo salvatore (che cerca di esserlo anche su altri e alti livelli) che riconduce ogni scelta apparentemente istintuale di Joe ad una logica precostituita, una progressione geometrica, una struttura architettonica, un componimento musicale, una tecnica della pesca: il numero Phi, la sezione aurea e il codice di Fibonacci tanto cari a Ejzenstejn.
Unico elemento che fa un po’ storcere la bocca è il prologo non troppo riuscito, apripista della sperimentazione che caratterizzerà poi l’intero film, con un overture esclusivamente rumoristica su sfondo nero, a cui segue lo svelamento dei vari referenti affatto inaspettati, e l’incontro tra i due protagonisti abbastanza tranquillo.
Infine, durante i titoli di coda un piccolo trailer al ritmo dei Rammstein lascia presagire che il secondo volume potrebbe addirittura essere meglio.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta