Regia di Lars von Trier vedi scheda film
VOL. 1
Iniziare l'anno civile e, di conseguenza, quello cinematografico con la visione dell'ultima, e controversa più che mai, opera "fluviale" di Lars Von Trier, viene considerata dall' Alan Smithee che mi governa sempre piu imperativamente, una opportunità imprescindibile ed irrinunciabile. Oggi primo gennaio 2014 infatti esce nelle sale francesi l'attesissimo Nymphomaniac, avvolto dalla solita aurea di scandalo, raccapriccio, ma soprattutto fervente se non spasmodica attesa da parte di noi cinefili. Tuttavia - preciso con un certo disappunto - non solo si tratta di un "VOLUME 1", cioe' di una prima metà (e fin qui nulla di male, tenuto conto che il film intero dura esattamente 5 lunghe ore), ma il mio più bruciante tormento sta nello scoprire che la copia proiettata altro non è - come svelano e confermano chiaramente i titoli di testa - se non una versione censurata, tagliata, ma approvata dallo stesso regista.
Ora si sa, Lars Von Trier e' un personaggio difficile, forse sin tremendo, inquietante (e non tanto fisicamente...ben peggiore sotto questo punto di vista appare lo spaventevole ma geniale Abel Ferrara), caratterizzato nella vita che di lui ci viene raccontata, come una persona difficilmente catalogabile o comunque molto contraddittoria. Uomo assalito da paure, timori, ritrosie e poi al contrario disinvoltao nel rilasciare dichiarazioni francamente inaccettabili se non vergognose; cineasta che si auto-impone un cilicio di regole stilistiche come quelle previste dal suo geniale "Dogma", radunando peraltro attorno a se' frotte di registi magari giovani e sconosciuti, ma tutti pieni di personalità e talento al punto da far pensare ad una nuova corrente stilistica rivoluzionaria come lo fu il neorealismo o la nouvelle vague, per poi essere lui stesso il primo a disattenderne le regole castranti ma anche affascinanti e geniali da lui stesso volute. Ora ci illumina col coraggio di girare la storia "definitiva" di una ninfomane che si racconta ed i apre al racconto verso i suoi stessi spettatori per mezzo di un diario scandito in otto capitoli, sviluppato e esplicitato nei confronti di un uomo più anziano che la accoglie in casa dopo averla trovata svenuta e pesta in mezzo ad un vicolo. Ma ecco l'inganno bruciante: il regista ne approva pure una versione censurata, quella in questione, destinata a circolare con più facilità della prima, almeno alla sua prima distribuzione cinematografica. Come a dire: intanto cuccatevi questa, voi che mi amateed adorate...poi voi stessi vi procurerete, magari in dvd o chissà in quale altra soluzione, l'altra versione originale, garantendo alla mia opera migliori possibilita' commerciali. Ecco che dunque così facendo il maestro torna a contraddirsi, a esprimersi liberamente senza censure che ostacolino senza motivi logici ma anzi snaturanti, la rappresentazione di una voracità sessuale che diviene, da semplice e malizioso gioco di sfida tra due amiche, un principio di vita e una motivazione trainante, per poi offrirci una rappresentazione che per ottima che sia, rimane pur sempre, e spesso vistosamente, una versione mutilata in nome di una ragione che non riusciamo a comprendere se non con un calcolo biecamente commerciale che ci fa sentire nevitabilmente un po' "traditi".
Pur tuttavia dalla prima parte del film, carnale come è appropriato che sia, non si può non uscirne affascinati, storditi da scenografie sature un po' all'antica che lasciano spazio a geometrie, schemi grafici e teoremi che accomunato fantasmagoricamente, ma con una certa pertinenza o apparente logicita', serie matematiche di Fibonacci con l'opera più nota di Bach, arrivando a tessere teorie comuni tra la stessa celebre teoria del matematico e la struttura alfabetica del nome del musicista e compositore tedesco, da riflettere sulle irrefrenabili smanie e impeti sessuali della disinvolta giovane protagonista. La giovane esordiente (e probabilmente modella) Stacy Martin ha un candore erotico candidamente perverso che ricorda una giovane Sylvia Kristel, e che facciamo un po' fatica a ritrovare nel suo stesso personaggio maturato nei (malconci) panni di una pur pertinente e valida Charlotte Gainsbourg. Ma le logiche temporali sono probabilmente tenute in subordine da Von Trier, che sceglie parimenti di voler mantenere intatto l'aspetto di un padre reso con baldanzosa indifferenza da un Cristian Slater fisicamente smagliante anche quando dovrebbe rappresentarci un genotore morente (scena in cui curiosamente l'attore esibisce una nudità posteriore tutt'altro che pertinente per un malato terminale e che ci riporta semmai ai tempi lontani dello Slater pressoché adolescente nella scena di sesso de "Il nome della rosa" di Annaud). E dire che poi in questa versione cosi' bizzarramente censurata quasi con l'accetta, non manczano affatto scene di nudo, sessi maschili e femminili perfettamente inquadrati in primo piano, (addirittura un'erezione nemmeno troppo nascosta o celata di Shia LaBeouf) e addirittura una penetrazioine in primo piano, che ci fa domandare una volta di più la ragione di un taglio crudele e a questo punto un po' sadico, che, probabilmente, comporterà quasi un'ora di mutilazione rispetto alla versione originale (che vedremo chissà quando e come).
Nonostante tutto, e qui mi contraddico io - lo ammetto con un certo inevitabile imbarazzo - il film risulta, rabbia o nervoso a parte, un magnifico, seducente girotondo dei sensi alla scoperta dei sentimenti più intimi di una mente ed un corpo che non riescono a darsi pace o soddisfazione, se non con la "polifonia" di una sessualità senza freni o inibizioni a cui una donna dalla bellezza seduttiva e piccante come Stacy Martin, non puo' non indurre a terrena e giustificatairrefrenabile tentazione.
Il primo volume si esaurisce nei primi cinque capitoli (nel capitolo 3 tra l'altro citerei almeno la performance degna di menzione di una rabbiosa, rancorosa e, suo malgrado e seppur a fatica, imbolsita Uma Thurman, interpretazione che ritengo davvero notevole) a cui seguiranno altri tre nella seconda parte, annunciata sul mercato francese per fine gennaio. CONTINUA........
VOL. 2
Prosegue e si conclude la versione “ridotta” (si fa per dire), dell’ultima epopea di Lars Von Trier, quel trattato dettagliatissimo e suddiviso in nove capitoli sulla vita scandagliata da emozioni e “prove” ereticamente (ed eroticamente) plasmanti e formative vissute dall’adolescenza ad oggi da parte della ninfomane problematica e autocritica Joe, come sappiamo t(noi che abbiamo visto la prima parte) ritrovata malconcia e priva di sensi da un timido passante sulla sessantina tra i vicoli di un centro cittadino, e da costui soccorsa ed accudita, e pazientemente ascoltata?
Tre soli capitoli, in questa circostanza, ma più lunghi, impenetrabili, a volte difficili da seguire e vittime, così ci appare, di pesanti tagli sembra abbiano nuociuto maggiormente alla continuità e fluidità del discorso narrativo, rispetto a quanto accaduto al primo volume.
Una classificazione quasi nuovamente scismatica, come avvenuto nei secoli passati, ma questa volta solo concettuale, separa la Chiesa cristiana dell’occidente da quella dell’Oriente. Cio' permette a Von Trier di riflettere sulla circostanza di come la religione appaia oscura e tenebrosa più ci si muove verso Ovest nei territori tipici della cristianità. Nel contempo al pubblico viene regalata la celeste immagine di una Joe poco più che bambina in un pascolo ameno, colta dal primo orgasmo (travolgente) della sua vita: una visione quasi mistica e certo blasfema in cui il corpo della giovane viene come rapito da una forza misteriosa che lo porta in estasi sino a librarsi nell’aria. Intanto la Joe adulta racconta al suo soccorritore di come la sua ricerca di approfondire la percezione del dolore frequentando uno strano ragazzo gigolò punitore di donne, le permette di aprirsi ad altre forme e pratiche più “costruite” ed elaborate per il raggiungimento del piacere e la ricerca ormai estenuante di un appagamento totale e definitivo.
Nel secondo tassello, (The mirror), si filosofeggia sulla propria immagine, sulla diversità della "copia" rispetto all’originale, della inevitabile dipendenza della prima da quest'ultimo. Joe cerca come di sdoppiarsi per abbandonare i propri ingovernabili istinti, per guardarsi dal di fuori e comprendersi, curarsi, trovando magari una soluzione alla sua dipendenza irresistibile. La ragazza si iscrive pure ad una seduta comune che sembra promettere buoni risultati; ma l’istinto, il lato animalesco, finiscono anche questa volta per prevalere. Una scena (esplicita e senza veli o titubanze) di accoppiamento con due nerboruti uomini di colore, i cui membri eretti si sfidano come spade mentre, uno di fronte all’altro, si contendono la preda o meglio di accapigliano su come organizzarsi per un rapporto a tre, vanifica una volta di più la tesi millantata che la versione ridotta ha lo scopo di presentare l’opera priva dei contenuti più scabrosi.
L’ultimo capitolo è incentrato su un’arma da fuoco che potrebbe fare di Joe un’assassina piena di rimorsi, dopo che la sua vita già caotica si è arricchita di intrighi spionistici popolati da loschi figuri. Il buon Seligman, trova il coraggio di raccontarsi un po’ anche lui svelando il segreto della propria inesistente carica sessuale, caratteristica che ha sempre contraddistinto il suo essere uomo. Un’antitesi bizzarra, un caso del destino che mostrerà il suo lato più diabolico in una finale teso e nero, ingiusto, scorretto e devastante come lo sono molti avvenimenti del vivere quotidiano.
Una seconda parte dicevamo che soffre, ben più della prima, del martirio di una censura neanche molto giustificata o comprensibile, e che troverà una spiegazione solo una volta che ci sarà concesso di visionare l’opera completa. Inducendo dunque a farci cadere nella furba e calcolata trappola del regista, che sottopone in tal modo la sua opera titanica ben tre volte al suo stesso pubblico, triplicando in tal modo le potenzialità di incasso del film.
Non ci sorprendiamo più di tanto né tantomeno è il caso di indignarsi. Il film resta nel suo complesso un’opera notevole, punteggiata di scene madri davvero uniche e sensazionali, blasfeme forse, ma di elevata capacità attrattiva e dunque piena di grandi momenti di cinema. Tra queste scene indimenticabili citerei, oltre a quelle gia' esposte, ancora la faticosa, agognata ascesa di Joe fino alla cima rocciosa che accoglie il piccolo albero (ma dalle profonde radici), che svetta obliquo, incerto, ma ormai ben saldo, e che raffigura il ritrovamento della propria anima da parte della tormentata intensa, e proprio per questo straordinaria protagonista., Charlotte Gainsbourg.
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