Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Quattro ore di noia oscena.
La pornografia gabellata per cinema d’autore miete danni da sempre, dai famigerati La maman et la putain, L’impero dei sensi, Conoscenza carnale degli anni ‘70 su su fino all’incommentabile Y tu mama tambien e naturalmente alle più lubriche prodezze di Greenaway e Almodovar. Potete chiamare una cosa con un nome diverso, ma sempre pornografia rimane. La reiterazione di atti sessuali sempre più estremi per tutta la durata del film non ha nulla di osceno, oscena è solamente la noia che suscita, sintomo di un desolante vuoto di idee. Al vuoto di idee, von Trier accompagna anche il vuoto morale dei suoi personaggi, che annaspano in un mondo nel quale è assordante la mancanza di senso, e ancora più assordante è la mancanza di una ricerca di senso. La Weltanschauung di von Trier basa il mondo interamente sul sesso o sulla mancanza di esso: non si dà altro orizzonte al di fuori dell'amplesso. I personaggi dell’ateo impenitente von Trier si pascono delle loro depravazioni e non hanno alcuna intenzione di essere salvati: quattro ore di film per non approdare a nulla fanno impallidire persino il Michelangelo da Ferrara.
Nymphomaniac sono in realtà due film, uno pornografico (il flashback della protagonista Joe) e uno ambientato nel presente, nel quale il sapiente tuttologo Seligman (che ha raccolto dalla strada Joe e l’ha portata a casa sua) sciorina fesserie filosofiche a ripetizione. Nella parte ambientata nel presente, i dialoghi pseudoplatonici fra il sapiente Seligman e l’allieva Joe sono palesemente costruiti a tavolino. La storia di Joe sembra essere invece stata preparata e mandata a memoria come una filastrocca. Il vuoto di senso dei personaggi di von Trier e il vuoto di idee del film, sono persino superati dal vuoto nella scrittura, totalmente priva di realismo, la qual cosa rende impossibile l’instaurarsi di qualsivoglia meccanismo di immedesimazione nello spettatore, che sullo schermo vede due che letteralmente recitano un copione. Il Vero e il Reale sono gli assenti ingiustificati del film. L’indisponente e bruttina Charlotte Gainsbourg è fredda come un ghiacciolo e trasmette l’empatia di un termosifone spento, Stellan Skarsgaard che conciona del paradosso di Zenone come metafora della ricerca dell'orgasmo fa sbellicare dalle risate. Aridatece Tinto Brass.
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