Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Ritmo implacabile, storytelling perfetto, azione, ironia, esotismo, suspense: Spielberg e Lucas rilanciano alla grande il cinema d'avventura.
VOTO: 8,25 su 10.
Primo capitolo di una delle saghe cinematografiche più iconiche dell'ultimo quarantennio e atto di rinascita del cinema d'avventura, I Predatori dell'Arca Perduta è sì un film diretto da Steven Spielberg, ma un progetto concepito insieme all'amico George Lucas, che ebbe l'idea del personaggio e figura come autore del soggetto. Partendo dalla passione per le storie a cui si erano abbeverati durante l'adolescenza tramite film e fumetti, ambientando pertanto l'azione durante gli anni 30 (che fornivano anche nei nazisti l'antagonista perfetto che non necessitava di introduzioni e spiegazioni), Spielberg e Lucas rilanciano in grande stile il cinema d'avventura per il pubblico più smaliziato degli anni 80, affamato di evasione ed emozioni.
Spielberg coltivava in realtà il sogno di girare un capitolo della saga di James Bond, ma Lucas gliene propone uno alternativo di sua ideazione, altrettanto affascinante ma meno donnaiolo, molto più colto e coadiuvato da molti meno gadget, limitandosi la sua dotazione ad una frusta e dun liso cappello.
Nel vigoroso Harrison Ford, già tra i protagonisti dell'universo lucasiano di Guerre Stellari, trovano l'attore perfetto per il ruolo dell'archeologo Indiana Jones, un po' compassato studioso, un po' avventuriero scavezzacollo, il cappello e la frusta i suoi accessori distintivi, uomo a suo agio sia tra i libri sia nell'azione, ma non superuomo invincibile (ha persino la fobia dei serpenti) né macchina da guerra à la Rambo, il che pertanto rende più facile per gli spettatori identificarsi con lui, quando batte in scaltrezza un energumeno nazista, molto più forte che tuttavia non vede l'elica avvicinarsi da dietro, o quando usa la scorciatoia della pistola per abbattere un impegnativo avversario spadaccino.
Nell'agile sceneggiatura di Lawrence Kasdan la trama, che vede Indiana Jones e la combattiva Marion (Karen Allen) rimbalzare da una parte all'altra del globo per impedire ai nazisti di impadronirsi della mitica Arca dell'Alleanza, regge e tiene, sebbene la sua funzione sia principalmente quella di creare una cornice per la più entusiasmante sequela di scene avventurose allora viste al cinema.
Una straordinaria immaginazione e una padronanza assoluta delle tecniche dello storytelling permettono di creare un micidiale mix di mistero, azione, suspense, ironia, esotismo e fantasia. Spielberg e Lucas sanno bene che un film d'avventura avvincente deve procedere spedito e dinamico, con un ritmo sempre incalzante che conferisce alla pellicola un'estrema scorrevolezza, anche grazie alla scioltezza nella gestione dei passaggi tra le varie location in giro per il mondo (escogitano di mostrare gli spostamenti da una parte all’altra del globo ricorrendo allo stratagemma della cartina geografica con il tratteggio in movimento della rotta aerea).
Se certe location appaiono artificiose, con un look da attrazione da parco divertimenti più che da sito archeologico, d'altronde lo stesso Spielberg ha dichiarato di aver voluto l'intenzione dirigerlo come un B-movie.
Colpisce la meticolosa costruzione dell’arco narrativo si sostanzia in una solida struttura del racconto, che si avvia col celeberrimo prologo: dopo che il monte del logo della Paramount sfuma in una vera vetta andina, veniamo introdotti al personaggio di Indiana Jones assistendo alla conclusione di una sua precedente missione nella giungla sudamericana. Tale prologo, oltre a presentarci il protagonista, contiene una summa dei principali elementi che vederemo nel prosieguo del film, in primis l'idea che il pericolo si annidi ovunque, tra tarantole, frecce avvelenate, ingegnose trappole infilzanti, portali che si chiudono inesorabilmente, enormi massi rotolanti. Questo senso di pericolo sempre incombente, occultato persino in innocenti datteri, segnerà di suspense l'intera pellicola (come già nel suo esordio Duel anche qui si avverte un tocco hitchcockiano ed ho sentito rimandi a L'uomo che sapeva troppo nella sezione nella città araba, con l'Egitto al posto del Marocco). Tuttavia la sceneggiatura sa anche alleggerire la tensione con una robusta dose di ironia, con la scimmietta nazista o l'effetto comico dello sbrigativo sparo al virtuoso delle scimitarra.
Spielberg si dimostra un regista tecnicamente eccellente, si veda come gestisce le scene d'azione (celeberrima quella dell'inseguimento nel deserto del camion con cui i nazisti tentano di trafugare l'Arca), di suspense (la dilatazione del tempo tramite il montaggio nella chiusura del portale) e le introduzioni dei personaggi: seguiamo Indiana Jones di spalle per molti minuti di curiosità prima che si volti a rivelare il suo volto; di Marion facciamo conoscenza attraverso una mano protesa ad afferrare un bicchierino durante una gara di bevute; nel loro re-incontro Indiana appare come un'ombra riflessa sul muro dietro alle spalle di lei.
A proposito di ombre, il regista si dimostra abile anche nell'uso espressivo del buio (in tante scene Jones appare avvolto nell'ombra come una riconoscibilissima silhouette, grazie all'inconfondibile cappello sgualcito) e della luce ( l'accecante raggio solare che attraversando il bastone dorato di Ra rivela l'ubicazione dell'Arca dell'Alleanza).
E che dire della colonna sonora di John Williams, con l'inconfondibile tema ormai entrato nell'orecchio collettivo?
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