Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Al netto di una serie di inverosimiglianze storiche e logiche (sulle seconde protestò con Spielberg addirittura lo sceneggiatore Lawrence Kasdan), si tratta di un film spensierato e abbastanza divertente, anche se riserva il meglio di sé nel primo quarto d'ora, quando, senza darsene per inteso, fornisce una descrizione già definitiva sul personaggio di Indiana Jones. Ovviamente, il film va preso per quello che è, cioè, come ha giustamente scritto il compianto Franco La Polla, paragonando I predatori dell'arca perduta a L'uomo di Rio di Philippe De Broca, «una bolla di sapone che dura il tempo della sua proiezione» e, più precisamente ancora, «una tipica pellicola a due dimensioni: perfetta, brillante, sostenuta, veloce, ma assolutamente gratuita, inutile». (La Polla, Steven Spielberg, Il Castoro, 1995, p. 81).
Detto degli errori storici e logici, però ci si può domandare ancora qualcosa sul film, che da qualcuno viene visto come una delle filiazioni de I dieci comandamenti (1956) di De Mille: per esempio quale significato abbia, nel finale, la chiusura della cassa contenente l'arca dell'alleanza in un immenso magazzino governativo, dove sono depositate migliaia di altre casse uguali. Vi si è voluto vedere una metafora di un baule immagazzinato nel deposito dell'immaginario cinematografico, pronto ad essere rispolverato in futuro. Però, visto che nel film l'arca dell'alleanza era ricercata dai nazisti che la ritenevano un'arma per ottenere il dominio sul mondo, si potrebbe anche celare una velata critica al governo americano, che seppellisce nei propri magazzini un'arma di vittoria e, in particolare, proprio quell'oggetto che simboleggiava l'alleanza tra Dio e il suo popolo eletto, di cui, non dimentichiamolo, anche Spielberg fa parte.
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