Regia di Katie Wolfe vedi scheda film
Che cosa è un uomo. E fino a che punto è giusto mentire per non ferire coloro che amiamo. Kawariki, da tutti detto Kawa, abita ad Auckland, la più grande città della Nuova Zelanda. È un maori, che ha sposato una donna bianca, come del resto è anche sua madre. La famiglia multietnica apparentemente funziona, e riesce a vivere in perfetto equilibrio tra la tradizione ancestrale e la civiltà occidentale. In realtà quell’armonia si fonda su una menzogna. Kawa, dall’età di dodici anni, sa di essere omosessuale, ma lo ha sempre tenuto nascosto. Nessuno può immaginare che dietro quel giovane uomo ricco e di successo, che ha una moglie e due figli, si celi una verità così imbarazzante. Lo sarebbe per suo padre, che, ritirandosi dalla vita attiva, lo ha appena nominato come suo successore alla guida del fano, il clan familiare. Ma lo sarebbe infinitamente di più per la sua Annabelle, che non sopporterebbe la scoperta di un tradimento così devastante. È per questi motivi che Kawa, per così lungo tempo, ha taciuto, coltivando la sua segreta inclinazione nelle saune, i bar, i locali notturni: quel mondo sommerso che uno dei suoi frequentatori chiama sibillinamente I giardini di Spagna, per non dovere rivelare all’anziana madre la reale meta delle sue uscite serali. Su certi aspetti della propria personalità non si può essere sinceri, senza far davvero male a qualcuno. I primi ad essere colpiti sono i genitori, che dalla prole si aspettano qualcosa di ben diverso, quello che da sempre sono convinti sia il bene, e racchiuda la forza per affrontare il futuro nel migliore dei modi, conquistando la felicità. E magari ottenendo ciò che ha avuto il padre di Kawa, che è tanto fiero della sua discendenza. Ma un gay non può possedere le virtù di un leader, né il coraggio di un guerriero. Quando Kawa, durante la festa per il pensionamento del padre, si esibisce nella tipica danza indigena che precede la battaglia, interpreta una squallida messinscena. In fondo ciò vale anche per suo figlio Sebastian, che è un adolescente del ventunesimo secolo e porta un piercing sulla lingua. Ma la sua finzione non è nemmeno lontanamente comparabile con l’insanabile paradosso incarnato da Kawa, che pretende di essere, contemporaneamente, due persone diverse: una ufficiale, che si mostra alla luce del giorno, ed una clandestina, che esce allo scoperto solo alla notte. La contraddizione è troppo pesante, e sta cominciando ad incrinare la fragile superficie dell’apparenza. Il matrimonio tra Kawa ed Annabelle è in crisi, e lui ha addirittura preso in affitto un altro appartamento: ne ha bisogno per riflettere, dice, ma in realtà gli serve per ricevere il suo amante, il giovane attore Chris. Inizia così il difficile percorso di una rottura, che esploderà in un trauma, e quindi proseguirà con il necessario impegno a risalire e ricostruirsi intorno una normalità accettabile. Bisognerà rimettere insieme anche il sogno infranto della piccola Miranda, a cui il papà raccontava la favola di un bellissimo ed eroico principe di nome Kawa. Il racconto è convenzionale, ma è diretto con grande sensibilità da Katie Wolfe, già regista di fiction, che qui firma il suo primo lungometraggio per il cinema. L’opera risente non poco dell’impronta televisiva, ma la patina di buonismo è piacevolmente stemperata da una sceneggiatura che riesce a rimanere costantemente incentrata sui sentimenti senza mai ripetersi, né mai risultare banale.
Il film è tratto dal'omonimo romanzo dello scrittore neozelandese Witi Ihimaera. Il titolo del libro è ispirato ad un brano del compositore andaluso Manuel de Falla y Matheu.
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