Regia di Gabriel Axel vedi scheda film
Nella Danimarca rurale della seconda metà dell’’800, una donna giunge dalla Francia per scappare dalla guerra civile, trovando rifugio presso due vecchie sorelle, figlie di quello che fu un severo pastore locale. Una vincita alla lotteria, darà la forza e la possibilità a Babette di ripagare l’ospitalità con un pranzo che rimarrà negli annali…
Sorprendente affresco inscenato con estrema astringenza ed incomparabile concretezza da Gabriel Axel, facendo bella mostra del romanzo “Il pranzo di Babette” di Karen Blixen. Dopo un incipit noioso, decisamente lento e quasi insignificante, dalla metà in poi la pellicola finisce per emozionare gli amanti del cinema e della gastronomia (e ancor di più gli appassionati di entrambi).
Il cinema mitteleuropeo degli albori, dei Dreyer e dei Christensen, riecheggiano con straordinaria evidenza sul piano estetico (emozionante il richiamo a “Dies Irae”), in un caleidoscopio di significati e di risultanze che ruotano attorno al concetto del desinare come sinonimo di convivialità. Il potente valore del cibo come rito laico aiuterà la comunità religiosa a ritrovare la propria compattezza, con buona pace di bigottismo e precetti. Altro che ostracismo o timori d’epicureismo: il pranzo della cuoca francese dimostrerà la veridicità di tutti i vecchi detti sulla salubrità di un buon menu e di un sereno desinare. Per la cronaca, il pranzo di Babette prevede: zuppa di tartaruga, blinis Demidoff, quaglie in sarcophage, insalata mista, formaggi misti, savarin, frutta fresca, caffè con tartufi al rum e friandises (pinolate, frollini, amaretti), accompagnati da Amontillado bianco ambra, Clos de Vouget e Champagne Veuve Cliquot 1860.
Se esiste un perfetto contrario del termine “razzismo”, questo film lo incarna alla perfezione, con la sua straordinaria trasversalità ed universalità. Meritato Oscar come migliore pellicola straniera nel 1988.
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