Regia di Roger Corman vedi scheda film
Un B-movie di lusso, impreziosito da sontuosi arredi barocchi e dal raffinato stile molto british di Sir Vincent Price. Roger Corman si riconferma un egregio artista del low budget oleografico e teatrale, capace di dipingere quadri a buon mercato, però molto curati e di gran gusto. L’operazione rimane in superficie, ma questo, in fondo, è il pregio di tutto ciò che, essendo leggero e gradevole, accarezza delicatamente i sensi, come il luccichio dell’oro ed il fruscio della seta. L’horror intimista di Edgar Allan Poe è, naturalmente, tutt’altra cosa: le atmosfere soffocanti ed allucinatorie del suo omonimo racconto sono lasciate fuori dalla porta, e non rientrano dalla finestra nemmeno nel finale. Il pendolo al centro dell’abisso ed i lugubri affreschi sulle pareti - che compaiono soltanto negli ultimi minuti della pellicola – sono gli unici elementi che il film trae dall’opera originale, e non bastano certo a riproporre lo spirito di questo autentico capolavoro della narrativa: un testo di poche pagine che, grazie a un uso magistrale della scrittura poetica, riesce a farci “vedere” con la mente la solitaria tribolazione di un uomo segregato dentro un pozzo, dando forma ad un’angosciante concatenazione di pensieri e azioni compressi in uno spazio ristretto ed avvolti nella totale oscurità. Tuttavia, dimenticando l’improprio utilizzo del titolo letterario, si potrà comunque apprezzare, in questa storia, uno degli innumerevoli modi in cui Corman – da La donna vespa a Il Clan dei Barker - ha saputo mettere in scena, attraversando i generi e le ambientazioni più diverse, il suo sinistro amore per il buio dell’anima che circonda la prigione del segreto, escludendo, per chi ne è portatore, ogni possibilità di scampo.
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