Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Essere o non essere: questo è il problema.
Possibile che finanche il migliore spin doctor in circolazione possa avere crisi di coscienza? E, se sì, con quali effetti collaterali?
Partiamo dall’analisi della traiettoria professionale ed umana del protagonista (R.Gere) tracciata dallo script; tanto sbilenca da non apparire credibile. Di sicuro scopre la coltre di mistero che avrebbe dovuto avvolgere la storia con un’imperizia maldestra e frettolosa.
Dispiace perché il film di Lumet presenta comunque una trama oggettivamente accattivante, il cui sviluppo, pur tuttavia, ne affoga le potenzialità nella palude di un eloquio smunto, algido e paludato. Soprattutto all’inizio, allorquando la “rigidità” della direzione di Lumet proscrive la debita valorizzazione dei vissuti personali e degli intrecci relazionali sui quali ha investito la sceneggiatura (questa essendo, peraltro, prolissa nei dialoghi e decisamente scevra di mordente).
Né vita facile (al film) viene resa dal lavoro svolto in sala di montaggio, alquanto approssimativo.
Ed il retrogusto dell’happy-end buonista guasta tutto (o quasi).
Ma su tutti, rileva la grave pecca della frattura del sodalizio vocale (forse, però, all’epoca non ancora inaugurato) D.Washington-F.Pannofino (subentra, piuttosto, un giovane T.Accolla, da sempre legato, invece, a E.Murphy).
Comunque una visione non sarebbe peccato (due, invece, probabilmente sì).
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