Regia di Ari Folman vedi scheda film
Promette benino; poi la svolta a cartoni, che ci sta, se fatta bene, ma il tutto per me non funziona.
Quattro o cinque? Questo il dubbio a fine film, un’opera che in definitiva è un tentativo malriuscito. Carino all’inizio, però, con questa attrice (Robin Wright che interpreta una sorta di sé stessa) che alla fine accetta di farsi “digitalizzare”: non girerà più film, ma i produttori lo faranno lo stesso, rendendola al computer (e comunque i suoi incassi resteranno). Passano 20 anni e la stessa attrice va in auto verso una sorta di congresso. A metà strada deve prendere una fialetta, da lì in poi, il film diventa un cartone animato, molto molto visionario (troppo) dove la realtà è sostituita da quanto immagina la mente di ognuno. In definitiva una società di drogati perenni (almeno, lo scorcio di mondo che è dato vedere); chi non prendesse le fialette lo vedrebbe come il mondo di barboni che è. Cosa c’entra con la prima parte? Mah. Qua viene venduta come una sorta di esasperazione, di ulteriore progresso nelle realtà virtuali.
Il tutto però si incarta, si annoda, si incastra e il risultato finale è bruttino, aggrappato come è, con le unghie, al rapporto madre – figlio problematico.
Partecipò a una selezione minore a Cannes; al botteghino non ci andò nessuno, e persero i soldi investiti (non tanti, ma insomma, persi). Giusto così, nel complesso c’è sì qualcosa ma non mi è piaciuto, al di là delle belle prove degli attori.
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