Regia di Giorgio Capitani vedi scheda film
Vita, opere (lotta a terrorismo brigatista e mafia) e morte in un tragico attentato mafioso: il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa raccontato nei suoi ultimi anni, fra il 1974 e il 1982.
A venticinque anni dalla morte, avvenuta in un clamoroso attentato di mafia, il generale Dalla Chiesa viene ricordato sugli schermi berlusconiani di Canale 5: è o non è un bizzarro paradosso all'italiana? Di positivo d'altronde qualcosa c'è: oltre all'onestà del prodotto (Giorgio Capitani è un dignitoso mestierante più che esperto di lavorucci televisivi) rimane comunque l'intento commemorativo, che poco non è in un Paese dalla memoria vacillante come il nostro. Ma sulle note apprezzabili prevalgono quelle discutibili: a margine si metta la scelta di fare interpretare alla bella Milena Mancini il ruolo di Rita Dalla Chiesa, non esattamente una fotomodella e, ulteriore conflitto di interessi, celebre volto Mediaset; ciò che maggiormente disturba, per ovvie ragioni, della fiction è la preponderanza affidata, nella seconda parte, alla love story che effettivamente il generale ebbe, nel suo ultimo periodo in vita, con una ragazza che aveva la metà dei suoi anni (Emanuela Setti Carraro, che morirà come sua seconda moglie nell'attentato del 1982). Si sa che questo tipo di prodotti catodici ha fortemente bisogno di una componente sentimentale-torbida per generare un intreccio sufficientemente stimolante per il grande pubblico; romanzare e dilungarsi sulle vicende che portarono il vedovo Dalla Chiesa a risposarsi con una donna - lui sessantenne - di trent'anni è semplicemente bieco, oltre che fuori luogo dal punto di vista meramente artistico; la sceneggiatura è opera di Fabrizio Bettelli ed Ella Contini. Nel cast spicca il protagonista, il come al solito bravissimo Giancarlo Giannini, mentre al suo fianco troviamo, fra gli altri, Stefania Sandrelli, Francesca Cavallin, Ninni Bruschetta e, in una particina, Francesco Pannofino. La durata è quella solita, sbrodolosa, delle fiction tv: due puntate da cento minuti ciascuna, di modo che la narrazione proceda spedita ed efficace come un ippopotamo malato. 4,5/10.
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