Regia di Dino Risi vedi scheda film
Fondamentale per capire un’epoca. Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Diamo a De Sica, Rossellini, Zavattini e compagni quel che è loro e diamo a Dino quel che è di Dino. Anche alla ennesima visione, Poveri ma belli conserva quella sua irresistibile, genuina freschezza che solo i classici riescono a calzare per sempre. Indiscutibilmente datato (e per certi versi verrebbe da dire “fortunatamente”), è una storia scanzonata sulle schermaglie sentimentali di cinque personaggi: due sottoproletari belli e un po’ ingenuotti (Renato Salvatori e Maurizio Arena), le loro rispettive sorelle (Alessandra Panaro e Lorella De Luca) e una procace e provocante commessa che fa girare la testa ai due maschioni (Marisa Allasio). C’è anche un sesto personaggio (Ettore Manni), ma ha un ruolo marginale che prenderà la rivalsa nel successivo Belle ma povere, sempre di Risi.
Servendosi di quegli elementi caratteristici della cultura neorealistica, prosegue il filone del neorealismo rosa già inaugurato da Pane, amore e fantasia e mette in ipoteca caratteri e situazioni per quella che sarà la futura commedia all’italiana (merito dei caratteristi di contorno, a cominciare dai sempre puntuali fratellastri Carotenuto, Mario e Memmo). Ispira anche tenerezza, perché è un’epoca dimenticata in cui era ancora ardente il valore del bacio come primo approccio. Peccato non sia stato seminale. Se ne consiglia la visione ad un pubblico di adolescenti. Non si sa mai. Fosse Poveri ma belli a risollevarli dalla depravazione? O forse no? Forse no.
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