Regia di Ektoras Lygizos vedi scheda film
In questo straordinario momento del cinema greco, che pare reagire in maniera esemplare di fronte al collasso sociale, s'inserisce anche questo fulminante esordio di Lygizos. Classe 1976, il greco si rifà al cinema umano e sociale dei primi Dardenne, vuoi per l'uso costante della telecamera a mano, vuoi per l'assenza di una colonna sonora e vuoi, soprattutto, per l'innamoramento, il pedinamento, del personaggio principale, Yorgos, ragazzo disoccupato e solo, interpretato magnificamente da Yiannis Papadopoulos. La crisi sociale ha trasformato Yorgos in un animale in costante ricerca del cibo per restare in vita e Lygizos lo bracca nel suo girovagare disperato, che lo vedrà cibarsi degli scarti di cibo dei cassonetti, del miglio del suo canarino, unico altro essere vivente di cui si prende cura, e, in una scena forte e memorabile, del suo stesso sperma. Il regista greco non ha paura delle immagini, di dire, di urlare, di prenderti a pugni in faccia, e questo è sublime e commovente, in un Cinema, oggi, ingessato, poco coraggioso, inutile, conformato. Anche solo per questo motivo, quest'opera nervosa, a tratti ancora acerba, è da promuovere a pieni voti. Yorgos non ha scrupoli, ha disperazione, scavalca il vicino di casa morto per farsi un uovo sodo, per ingoiare zucchero dal barattolo, ha occhi grandi e spalancati quando prova a credere nella bellezza, incarnata da una giovane receptionist, e in Dio, in una meravigliosa scena in una chiesa. Ma a vincere è la fame e la povertà. Un film disperato, uno sguardo agghiacciante sulla Grecia di oggi e sui nuovi poveri che il sistema produce in continuazione. La "nouvelle vague" greca è il miglior cinema europeo degli ultimi anni.
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