Regia di Ektoras Lygizos vedi scheda film
Yorgos (Yannis Papadopoulos) è un giovane ateniese che si ritrova in preda alla povertà più acuta. Non ha buoni rapporti con la famiglia, è stato sfrattato dalla sua abitazione, ha una voce meravigliosa ma non può più prendere lezioni di canto e non sa come e dove trovare da mangiare. Non intende chiedere aiuto a nessuno e per cercare di frenare i morsi della fame arriva a rovistare nei sacchetti della spazzatura, a rubare da mangiare all’anziano vicino di casa e a dividere il mangime con il suo canarino. Si muove solingo per la città, preoccupandosi più di proteggere e sfamare il suo amato canarino che curarsi di sé stesso. Una deviazione alla sua forzata decadenza se la concede ammirando una giovane commessa di un negozio, una bella ragazza (Lila Mpaklesi) che potrebbe concedergli qualche momento di piacevole distrazione.
“Boy Eathing the Bird’s Food” del regista greco Ektoras Lygizos è un pugno nello stomaco inferto con consapevole intenzione, un film amaro e sconfortante che sa benissimo di esserlo, con una struttura anti-narrativa che porta a rappresentare la condizione esistenziale di un giovane ragazzo in tutta il suo desolante concretizzarsi. La regia dell’esordiente Ektoras Lygizos è dura ed essenziale, spogliata di ogni appiglio consolatorio o facile coinvolgimento emotivo, aderente in pieno alla sostanza narrativa che percorre il film. Non si fanno sconti circa la possibilità di mostrare fino a che livello di degradazione corporale si può arrivare pur di non di mantenere intatta la propria dignità di uomo libero e non soccombere sotto i colpi di una sopraggiunta povertà. Una scelta funzionale che è servita a farne una sorta di oggetto disturbante venato di una sottintesa denuncia civile : un invito a non voltarsi dall’altra parte quando sullo schermo passano delle immagini tutt’altro che rassicuranti. L’autore greco lega il dato reale relativo alla vita del ragazzo con gli effetti allegorici prodotti dal suo comportamento, facendo dell’ellissi narrative, che ci consegnano Yorgos già al culmine estremo della sua crisi personale, l’elemento che serve ad evocare la presenza concreta di una crisi molto più generale e molto più profonda.
Per Yorgos, mangiare non è più solo un bisogno fisiologico necessario, ma anche uno stato dell’animo, una condizione emotiva determinata dalla differenza tra l’atto in sé e il significato che gli si vuole attribuire. Tra l’alimentare il corpo arrangiandosi con quello che si trova e abituare la mente a non soffrire della mancanza del superfluo. Mangiare il giusto quando la fame arriva ad offuscare la mente, significa per il ragazzo evitare che il corpo assuma comportamenti strani senza renderlo schiavo delle abitudini. Per effetto di questo atteggiamento succede che più la condizione d’indigenza del ragazzo aumenta e più le sue sorti esistenziali si legano alla crisi economica che ha coinvolto un intero paese. Più lui insiste nel suo isolazionismo dignitoso e più la sua decisione di non chiedere aiuto somiglia alla condanna rivolta contro quell’intero sistema di valori che l’hanno ridotto in quello stato. Più tende a voler somigliare al suo canarino nella capacità di potersi sfamare con poco e più la sua condizione si configura come quella che riguarda un intero popolo, la punta di un iceberg che sta lì ad agire come un monito valevole per chiunque, ad imporre l’invito ad imparare a razionare le proprie risorse se non si vuole soccombere definitivamente. La scelta di Yorgos di sopprimere la sua bellissima voce, di tendere quasi a far somigliare il suo talento canoro al cinguettio flebile del suo amato canarino, somiglia al lamento inascoltato dei tanti diseredati che popolano la Grecia, una voce tropo debole per scalfire il muro d’indifferenza e troppo orgogliosa di sé per accontentarsi di essere semplicemente compiaciuta.
Certi film andrebbero valutati più per come sanno essere necessari che per quanto siano belli, più per come usano la macchina cinema per dare delle letture interpretative sullo stato delle cose che per come sanno fare del Cinema un magnifico accumulatore di emozioni. Questo film rientra certamente nella prima categoria e chiede di essere apprezzato per il coraggio di sapersi mostrare nudo senza alcuna mediazione addolcente. Un film molto più politico di quello che sembra, incline a proiettare il disagio di un paese attraverso le peripezie degradanti di un cuo singolo cittadino. A far coincidere la voce muta di Yorgos con quella di un intero popolo, troppo fiero della sua storia e del suo pedigree culturale per accettare supino la gentile concessione di un’elemosina. Ottimo film per un promettente esordio.
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