Regia di Goran Paskaljevic vedi scheda film
Il giorno può sorgere quando meno te l’aspetti. Non c’è niente che ne annunci l’arrivo, e del resto anche la sera giunge sempre in punta di piedi, senza fare rumore. Anche adesso, in questo momento della nostra vita e della storia del mondo, non possiamo sapere che ore siano. Lo ignoravano i cittadini belgradesi quando, nel 1937, festeggiarono l’inaugurazione del quartiere fieristico. E non ne erano del tutto consapevoli Isaac e Sarah Weiss, quando, nel 1941, detenuti nel campo di concentramento ospitato presso la stessa struttura, furono costretti a salire nel vano merci di un camion. Anche Misha Brankov, un maestro di musica che è appena andato in pensione, è all’oscuro dei fatti. A cominciare dal suo vero nome, dalle sue origini, dagli eventi accaduti nei primi due anni della sua esistenza. Lo scopre all’improvviso, in seguito ad un oggetto rinvenuto per puro caso durante uno scavo. E stenta a credere che le cose possano effettivamente stare così, che ciò che dava per scontato non sia niente altro che un colossale inganno. Alla traumatica rivelazione segue una lunga, sofferta presa di coscienza: un processo lento e stentato, eppure dolcissimo, nel mettere a nudo, con rispettosa delicatezza, le pieghe più fragili della natura umana, quelle che si chiudono in se stesse, o si riempiono di lacrime, non appena le certezze vengono a mancare. La fine può essere scambiata per l’inizio, ed una sinfonia dedicata all’alba rimane incompiuta. Una giovane donna emigra in cerca di fortuna, e si ritrova sola, circondata per sempre dalla povertà e dalla sporcizia. Un uomo anziano è convinto di avere svolto la sua missione, quando qualcuno gli dice che deve tornare indietro, e rivedere tutto daccapo. Il lavoro non è terminato. La memoria ha ancora molta strada da fare. A volte il ricordo è una doverosa e crudele fatica. È uno stacco da un presente nel quale pensavamo di trovare un sicuro rifugio, ed è un salto nel buio, verso un passato che ha bisogno di essere esplorato, e che ci richiede un enorme sforzo morale: abbandonare la stabilità, magari duramente conquistata, per rimetterci in discussione, aprendo il nostro io al confronto con una realtà a noi vicina, però sostanzialmente sconosciuta. Se sono un orfano dell’Olocausto, e tu sei un ragazzino rom, per me non potrai più essere un semplice allievo. E se tu hai perso il figlio durante la guerra in Bosnia, d’ora in poi ad unirci sarà molto di più di una vecchia amicizia. Misha si abbandona all’opera incantatrice della verità, che, per quanto sia sconvolgente, ha il rassicurante potere di stringere a sé le anime, mentre le rapisce verso nuovi orizzonti, laddove ogni cosa sembra diversa. Il suo affettuoso abbraccio fa sì che, durante quell’avventuroso viaggio, non ci sentiamo completamente soli: Misha lo sarebbe, se potesse contare unicamente sulle persone da cui si sta allontanando, come il figlio, come la sua ex collaboratrice. Lui sta cambiando, e loro non capiscono. Non possono sentire quel suono che è riemerso, dopo essere stato a lungo sepolto, e che vuole riprendere a puntare verso un’impossibile speranza di salvezza. Le note composte da Isaac Weiss insistono nel dire che ciò che conta è il domani. E rimangono sospese, fino a che ai loro destinatari non sarà chiaro che nulla sarà più come prima. E che va bene così, anche se rendersene conto ferisce l’amore, e sottolinea l’irreparabilità del male.
When Day Breaks ha concorso, per la Serbia, al premio Oscar 2014 per il miglior film straniero.
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