Regia di George Stevens vedi scheda film
Per "Un posto al sole" di George Stevens, mi trovo sul fronte di quelli che lo ritengono un po' sopravvalutato. La regia è competente, ma si sente che manca quel tocco che potrebbe elevarlo alla grandezza, ad esempio nella gestione del ritmo, che nella prima parte è troppo lento e si perde in dettagli non troppo significativi ai fini della trama. L'Academy lo compenso' con 6 Oscar, fra cui miglior regista e migliore sceneggiatura, mentre perse quello per il miglior film, che a sorpresa andò a "Un americano s Parigi" di Vincente Minnelli. Questa pioggia di riconoscimenti non mi convince, tuttavia, della sua importanza, e forse l'unico premio che avrei personalmente assegnato, quello a Montgomery Clift come miglior attore, non fu dato per la forte concorrenza di attori del calibro di Marlon Brando e Humphrey Bogart. La recitazione di Clift e di Shelley Winters è l'elemento più valido e più moderno, con una convincente resa psicologica e comportamentale dei rispettivi personaggi, mentre Liz Taylor resta un po' in ombra. È un dramma sull'impossibilità di sfuggire ad un infelice destino che verso la fine tocca alcune pagine strazianti, ma per il resto rimane troppo confinato in una descrizione sociale fatta senza troppo mordente, con un andamento melodrammatico non sempre efficace. Sembra che la precedente versione del romanzo di Theodore Dreiser ad opera di Josef von Sternberg sia migliore, ma si tratta di un film di difficile reperibilità.
Voto 7/10
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