Regia di George Stevens vedi scheda film
Inserito dall’American Film Institute al novantaduesimo posto della classifica dei miglior cento film statunitensi di tutti i tempi, condivido l’opinione di quelli che lo ritengono un film sopravvalutato.
Tratto dal romanzo “Una tragedia americana” di Theodor Dreiser (1871-1945), considerato il padre del romanzo americano e uno dei maggiori esponenti del realismo, differisce, nell’adattamento cinematografico, perché il protagonista, un arrampicatore sociale che ha sedotto una giovane operaia, da cui vuole liberarsi per sposare una ricca ereditiera, non è colpevole per aver materialmente compiuto il delitto, ma solo per averlo desiderato. Mi sembra dunque che voglia mettere al centro la responsabilità dell’uomo, che non è solo in un’azione delittuosa, ma parte da quello che la precede e non viene a meno nelle conseguenze, diversamente da quanto dice l’avvocato difensore che, se si dimostra che per l’imputato il delitto è stata solo un’intenzione, lui può uscire libero e innocente come tutti, da quell’aula di tribunale.
Per quanto riguarda il doppiaggio, la voce di Elisabeth Taylor (Angela Vickers) è di Germana Calderoni, quella di Shelley Winters (Alice Tripps) di Lydia Simoneschi e quella di Montgomery Clift (George Eastman) di Giulio Panicali.
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