Regia di Yi-kwan Kang vedi scheda film
Una madre ed un figlio. Entrambi soli, ed entrambi perduti, anche se si sono finalmente ritrovati, dopo tanti anni. Alle spalle hanno due brevi percorsi di vita, ugualmente dolorosi e sbagliati. Una gravidanza indesiderata in età adolescenziale, la delinquenza, le cattive compagnie, il carcere. Difficile individuare una strada comune, lungo la quale procedere insieme, quando si è ormai usciti dai binari. L’esistenza, per loro, si è ridotta ad un corsa a perdifiato verso il nulla, nella fatale accelerazione che annulla l’infanzia e si precipita verso l’età adulta nella più totale incoscienza. In quell’inutile fuga si accettano le sfide e le lusinghe, e ci si butta nel pericolo mentre si è del tutto indifesi. Ji-Gu e sua madre sono ancora ragazzini, alle prese con un mondo che avrebbero voluto afferrare a piene mani, ma che invece ha respinto i loro approcci avidi e inesperti. Non possono guardarsi indietro, perché ripensare al passato fa troppo male, e a parlarne c’è anche un po’da vergognarsi. Il presente, per contro, è instabile e incerto, il futuro è dunque l’unica direzione in cui puntare, ma solo a breve scadenza, perché le emergenze tolgono ogni spazio ai progetti. Due esseri immaturi, per quanto già duramente provati, cercano di formare un baluardo contro una società che non è disposta ad accettare la loro inadeguatezza, né ad aspettare che riescano a rimettersi in pari. Il loro rifugio isolato è però privo di fortificazioni; eppure le loro fragilità tentano in ogni modo di costruire un’unione e darsi un’identità. Intanto sono aggredite dal cinismo altrui, mentre, da parte loro, arrivano appena a sfiorare le opportunità, i beni materiali che potrebbero risollevare le loro sorti, la felicità prefigurata da un ipotetico cambiamento. Una tumultuosa fase di transizione, senza possibilità di sbocco, è la sostanza di una vicenda che nasce dall’ignoto e nello stesso vuoto misterioso rischia di ripiombare, ad ogni istante: il racconto segue il maldestro funambolismo di due anime che attraversano la quotidianità mantenendosi in bilico sulla propria assenza di storia, impegnandosi a sorvolare dolcemente sull’incapacità di creare le fondamenta sulle quali edificare un domani da condividere, aiutandosi reciprocamente a crescere e a diventare liberi. La parola è la componente principale di questo gioco elusivo, in cui la messa in scena di un trasporto affettivo nasconde le incomprensioni e le reticenze nelle quali nessuno dei due protagonisti ha voglia di andare a scavare. Il cinema, in quanto arte dell’immagine in movimento, della visione selettiva e parziale, della soggettività che circuisce l’oggettività, è lo strumento ideale per realizzare la cronaca in itinere di un esperimento che procede a suon di improvvisazioni, di cambi di rotta, di distrazioni tese a rinviare all’infinito il momento della resa dei conti. Il vero obiettivo non è ottenere una certezza, o pervenire ad un punto d’incontro, bensì, semplicemente, proseguire così, ondeggiando a caso per mantenersi in equilibrio, appoggiandosi l’uno sull’altro per non cadere e per fingere una vicinanza. La precarietà di una condizione sociale si culla nella propria vertigine, con sfumature tenere e picchi d’isteria; e il realismo psicologico si declina nel discontinuo corteggiamento di un sogno di riscatto che è infinitamente amato, ma che nessuno ha il coraggio di prendere sul serio.
Juvenile Offender è stato selezionato come rappresentante della Corea del Sud agli Academy Awards 2014.
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