Regia di Liliana Cavani vedi scheda film
All’epoca (era il 1974) fece scalpore, quasi scandalo, per la disinvoltura con cui esplorava le atrocità della Storia collegandole con le zone più oscure della psiche e dei rapporti. Ex torturatore nazista (occultato sotto le spoglie del portiere) e scampata agli orrori dei lager (che era stata la vittima prediletta del suo sadomasochismo) si rivedono e ricominciano a tormentarsi. Non c’è bisogno di aspettare “La morte e la fanciulla” di Polanski per comprendere che l’intensità drammatica profonda è ben lontana dal kitsch d’epoca che Liliana Cavani profonde nel suo film, che in fondo sembra una “Caduta degli dei” da camera, senza le improvvise aperture di Visconti e con in più una greve intenzionalità metaforica. Segnato più dal sensazionalismo che dallo stile, molto alla moda (allora). Dirk Bogarde è fin troppo morboso, Charlotte Rampling un’icona.
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