Regia di Pierre-Yves Borgeaud vedi scheda film
Da Bahia all’Australia, dagli antipodi al Sudafrica, le lingue si mescolano e si sovrappongono - portoghese, francese, inglese, schiacciate e superate dal linguaggio della musica. Eppure non è un documentario musicale, lo straordinario road movie al cui servizio si mette Gilberto Gil: è un film politico in ogni suo momento, poco importa che a parlare siano chitarre e didgeridoo, o ministri australiani e meticci brasiliani. Più che nella doppia veste di leggenda della musica e di ex ministro della cultura in Brasile, Gilberto Gil si pone come rappresentante, in prima persona, del peculiare intreccio di etnie che attraversa tutto il film: sudamericano con sangue africano, indio ed europeo, ha fatto la storia del suo paese e rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per gli artisti che incontra in giro per il mondo. Popoli invasi e colonizzati da culture altre;?lingue imposte;?tradizioni snaturate; il viaggio nel “mondo rovesciato” (questo il significato del titolo) porta alla luce le origini di tanta musica di protesta, di ritmi battenti e melodie che nascono dall’oppressione e dalla volontà di preservare la propria identità. Così, tra un’esibizione e l’altra, dai teatri internazionali alle capanne dell’Amazzonia, il bel documentario di Borgeaud mette in primo piano i volti degli aborigeni australiani, dei parenti delle vittime dell’apartheid, dei meticci di tutto il mondo: i versi delle canzoni compongono un discorso globalmente coerente, senza possibili dogane.
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