Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
"La pena di morte non è materia di giurisprudenza, è politica e serve ai regnanti e non ai cittadini". Film intenso "Porte aperte" di Gianni Amelio, una di quelle pellicole dai contenuti importanti e sempre attuali e che non ha bisogno di artifici di sorta per catturare l' attenzione o mantenere la tensione dello spettatore. E' inoltre un chiaro esempio di messa in scena classica, senza fronzoli, quasi essenziale se non fosse per le scene di massa in tribunale. Palermo, 1937, Tommaso Scalia uccide tre persone a sangue freddo tra cui la moglie e l' ex datore di lavoro. Considerato immediatamente un mostro, si trova ad affrontare un processo che tutti vogliono si concluda con una pena di morte. A tentare d'impedirlo saranno un giudice ostinato ed integerrimo ed un giurato agricoltore che cita Dostoevskij. Amelio, da sempre regista impegnato, parte da un romanzo di Sciascia per raccontare una storia che tocca argomenti importanti quali fascismo, famiglia, giustizia e pena capitale. Una storia siciliana e non solo per ambientazione geografica : le macchinazioni dei potenti, l' onore dei galantuomini, l' ipocrisia dello sdegno, il popolo che mormora, non sono certo materia nuova per l' isola che fa così da perfetto sfondo alle vicende processuali e non della pellicola. Diretto con mano ferma e decisa, il film contiene immagini forti e significative come quelle relative agli omicidi iniziali (soprattutto quello di fronte al tabernacolo) o ai colloqui che il giudice intrattiene con familiari, colleghi e superiori, tutti intenti ad influenzarne in qualche modo l' operato. Efficacissime le caratterizzazioni di Fantastichini e Carpentieri, il primo maschera folle e dolorosa, il secondo dalla presenza timidamente fondamentale. Su tutti, si staglia l' ennesima e disarmante prova di Gian Maria Volontè : decisa in aula, titubante in privato, sempre sentita, sempre sofferta. Un attore che diventa il personaggio e ne subisce fisicamente tormenti e passioni. Uno dei più grandi interpreti che il cinema italiano abbia avuto e che potrà mai avere.
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