Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Rivisto a diciotto anni di distanza dalla sua uscita al cinema, "Il portaborse" di Luchetti continua a convincermi e resta, secondo me, uno dei migliori film italiani di sempre. E resta tra i migliori film perché, più che bello, è un film importante. Certo, già all'epoca non disse cose di una novità sconvolgente: le accuse al rampantismo politico del P.S.I. di allora erano già oggetto di articoli giornalistici, spettacoli di cabaret e barzellette. Al cinema, però, le accuse di corruzione si erano sempre indirizzate verso la D.C., e la vecchia balena bianca aveva ogni volta incassato qualsiasi illazione facendola assorbire dal suo ventre molle, senza lasciarsi andare ad isterismi. Con "Il portaborse", invece, si assiste ad un vero e proprio "caso" nazionale: i colonnelli craxiani presentano denunce penali e interpellanze parlamentari, mentre Bernini e Pasquini, i due autori del soggetto originale, ritirano la firma dal film, che rimane sulle spalle di Nanni Moretti (produttore ed interprete), Daniele Luchetti (regista), Stefano Rulli e Sandro Petraglia (sceneggiatori). "Il portaborse"stupisce per la lucidità della sua denuncia: le malefatte attribuite al cinico ministro Botero si riveleranno straordinariamente realistiche, con l’esplosione, dopo meno di un anno, dello scandalo di Tangentopoli. L’efficacia della requisitoria del film di Luchetti è anche dovuta alla bravura di tutti gli interpreti, in particolare dei due protagonisti Nanni Moretti e Silvio Orlando. Ma agli occhi di chi lo vede oggi, “Il portaborse” ha assunto anche il valore di documento, e non soltanto di documento storico, bensì di testimonianza sull’apparenza dei cambiamenti intervenuti in questi ultimi vent’anni: la persistenza della stessa terminologia politica, degli stessi metodi propagandistici e di spartizione del potere sono i segnali – anzi i monumenti, e verrebbe da dire gli archi di trionfo – che nel nostro paese, come sempre, è cambiato tutto affinché non cambiasse niente.
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