Regia di Javier Ruiz Caldera vedi scheda film
Quando i cinque corpi-immagine dei collegiali Angela e Marivì, Jorge, Dani e Pinfloy prendono la strada ectoplasmatica e, in un tubo di luce, iniziano il loro viaggio verso la dimora ultraterrena, tiriamo davvero un grosso sospiro di sollievo. Il diaframma va un paio di volte su e giù non solo perché la sorte dei poveri ‘chicos’ finalmente è certa e definitiva, ma soprattutto perché il cinema spagnolo (ed europeo in definitiva), con questa deliziosa operina del regista Javier Ruiz Caldera dimostra di poter definire idealmente i contorni della ‘good american comedy’, di poter metabolizzare amplificandoli in chiave continentale alcuni dettami del ‘teen-movie’ hollywoodiano e, cosa non ultima e non di poco conto, di saper intrattenere intelligentemente con l’arma sempre a doppio taglio della demenzialità cinematografica.
Non è ancora tempo per stabilire cosa questo film potrà rappresentare per il cinema europeo a venire; parliamo di cinema di intrattenimento tout court sia chiaro, ma lungi da noi l’intenzione di spingere negli inferi di una qualsiasi sottospecie spettatoriale la platea di questi onesti ‘prodotti’. Non si commetta l’errore di derubricare troppo facilmente una commedia come questa che forse commedia non è, che non è un thriller anche se ha tracce di una suspense interna al plot e mai calata nei passaggi narrativi al solo fine di svegliare il pubblico più distratto in sala, che se pur s’imbrattata di horror sa comunque condurlo con mano parsimoniosa dentro l’alveo del ‘sentimento forte’, che caracolla armoniosamente tra un musical e una epocale storia d’amore interdimensionale (il lacrimoso “Ghost” di Zucker viene surclassato ‘sia nello spirito che nel corpo’!).
Oggi saremmo davvero ingiusti, mendaci o fuorvianti, ad avvicinare “Promoción fantasma” a ciò che il lavoro pioneristico e ‘stiloso’ di George Lucas e John Landis causò negli anni ‘70, direttamente (John Hughes, qualche zampata di quell’irregolare per eccellenza del cinema americano che è stato John Waters, il ‘back-to-the-future-cinema’ di Zemeckis) o indirettamente (molte penose cosucce dei vari ‘americanpie’, o ‘school’ o ‘college’ che dir si voglia). La portata di questo film la definiranno gli anni a venire, mostrandoci come il consapevole sforzo produttivo della Mod Producciones di Fernando Bovaira abbia nuovamente colpito il cuore ‘del genere’ (dopo averlo fatto solo in parte col dramma socio-familiare di “Biutiful”, e quasi completamente col dramma storico-ideale di “Agora”), o al contrario come sia stata nuovamente celebrata la regola che vuole ‘invalicabile’ per l’epos europeo il campo minato del cinema scolastico-problematico-sbarazzino-musicherello. Due cose vale dire, a questo proposito. E altro non aggiungere in attesa che messer tempo faccia il suo sporco, solito e solido lavoro. Nello stesso anno in cui una joint venture iberica di otto (otto!) promoters, più soggetti/piattaforme mediali come Fox International, Canal+, AXN e TVE, ha permesso la realizzazione del film in questione, in terra americana Matthew Spradlin ha affossato il ‘genere’ con quella porcheria che risponde al titolo di “Bad kids go to hell”; in seconda battuta, è notizia recente che Will Smith ha intenzione di comprare i diritti internazionali di “Promoción fantasma” per realizzarne entro il 2015 un remake tutto stelle e strisce. Tanto basta e avanza, e non ha bisogno di ulteriore commento.
Ma veniamo a questi 90 minuti scarsi di abbondante delizia! La storia naviga su un’asse trino temporale. Il 1986, anno in cui avviene l’incendio, sviluppatosi durante una festa di fine corso, che causa la morte di cinque studenti del collegio “Les Monforte”; il 1994, quando nel corso di un ballo scolastico il timido adolescente Modesto ha il suo primo ‘incontro’ con chi ha ‘pendenze’ con la vita e pur essendo deceduto non riesce a lasciare questo mondo; infine il 2012, in cui si sviluppa quasi tutto il film coagulando le premesse ‘drammatiche’ precedenti e componendole e scomponendole magistralmente fino alla soluzione dell’intreccio. Il ritmo della vicenda è incalzante, ben dosato e, tranne qualche piccolo passaggio a vuoto nella parte centrale, perfettamente commisurato ad un prodotto medio ma intelligente. La regia pennella momenti comici davvero esilaranti (le ‘sedute’ dallo psicanalista con il rapporto omo-edipico da sganasciarsi, la frustrata portiera del collegio che da fervente cattolica diventa invasata ‘cumbera’ alla ricerca disperata di uno spirito che la possa ‘possedere’, l’antipatico rappresentate dei genitori che si sputtana denudandosi e proponendo l’orgia bestiale), alternati a sottotracce di ragguardevole spessore drammatico. Al buon risultato finale un sostanziale contributo lo dà il reparto attoriale, ben assortito e con qualche leggera sbavatura in Pinfloy (lo spirito ‘pieno di spirito’) ed in Marivì (che non è ‘pregna’ come tende a sottolineare ma ‘incinta’, e che scoprirà a sue spese la paternità del feto-spettro che porta in grembo), e che con le sentite interpretazioni di Raúl Arévalo e di Alexandra Jiménez fa veleggiare il ritmo dell’intreccio. Da sballo, ed era ovvio che parecchia attenzione la si dedicasse alla colonna sonora, coreografie (ottimamente brevi, leggere e pulsanti) e musiche, con il tormentone dell’hit epocale di Bonnie Tyler, quel “Total eclipse of the heart” che marchiò a fuoco vivo i ‘meravigliosi’ anni ’80, scivolò via nei ‘meravigliati’ anni ’90 ed ora risorge ad inno non morituro dei ‘meraviglianti’ anni zero e a seguire…
Se come sostiene il teorico Vachel Lindsay in un suo celebre aforisma, “I film d’azione sono cultura in movimento, i film intimisti sono pittura in movimento, i film dello Splendore, i kolossal, sono architettura in movimento”, questo “Promoción fantasma” come commedia multiforme è ‘un acquerello in movimento’. Non sai mai quando cambierà colore e tonalità, ma quando lo fa semplicemente incanta. Quattro stelle, tre meritatissime ed una d’incoraggiamento…
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