Regia di Jennifer Lynch vedi scheda film
Un bambino e la madre che salgono sul taxi sbagliato iniziano la loro discesa nel male tra le mani di un rapitore. Lei viene subito uccisa come sfogo sessuale, lui “il bambino imprevisto”, viene imprigionato in una stanza e poi incatenato come punizione di un tentativo di fuga. Gli anni passano, il bambino diventa un ragazzo cresciuto sempre a fianco del rapitore. Tra i due si instaura un rapporto particolare, una sudditanza costretta per il ragazzo verso il rapitore diventato ormai unico modello di vita, un maestro. Un rapporto ambiguo, una specie di Sindrome di Stoccolma. Un racconto claustrofobico girato per tre quarti nella tetra e squallida abitazione del corpulento rapitore (un Vincent D’Onofrio gigantesco) che egli stesso si interroga sulla figura dell’essere umano (“come un puzzle, figure fuori e pezzi dentro”) e interroga il ragazzo loro posizione nella catena alimentare, non a caso soprannominato Rabbit. Come il maestro anche Rabbit ha esplosioni interiori improvvise per colpa del passato, incubi che li tormentano dal profondo inconscio che li incanalano nel tunnel della violenza sessuale e carnale, due psicopatici. Per un certo verso il film segue gli stereotipi dei film sui rapimenti in cui la propria personalità e il proprio IO vengono determinati dall’ambiente e dagli impulsi che ti mandano, per cui il ragazzo prelevato in fase infantile inizia ad eliminare pian piano i ricordi e il tipo di vita ordinario con i genitori per fare posto alla nuova realtà e della sua unica figura guida, causa stessa dei suoi incubi e nel quale inizia un’altro percorso di crescita. Violenza come valvola di sfogo, la biologia come arma per uccidere i rapiti e la caccia in esterno come due vampiri esposti per poco tempo alla luce per catturare la loro preda. A metà strada tra le atmosfere tese come l’egual claustrofobico Hard Candy e l’horror/slasher I Spit On Your Grave, il quarto film di Jennifer Lynch (si proprio la figlia di David) mostra buone cose senza esagerare mai sul gore quanto magari nello stridente animo drammatico del protagonista e presentato al Torino Film Festival per cercare di colpire gli spettatori più curiosi nel fuori concorso del RAPPORTO CONFIDENZIALE (qui abbiamo visto anche l’anteprima di THE LORDS OF SALEM di Rob Zombie che recensirà il nostro Robknoxville), quest’anno soprannominata OSSESSIONI & POSSESSIONI, centrando in pieno con quest’opera il voler esprimere le paure che ci tormentano, i luoghi che ci inquietano e le figure attraverso le quali esorcizziamo i nostri incubi, le passioni e l’insicurezza.
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